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CLONE WARS:
EPISODIO 24


di Davide G. Canavero

    EPISODIO 24

     Trama:
     Gli appartamenti del Cancelliere sono stati violati: il minaccioso Generale Grievous irrompe. Palpatine lo affronta con coraggio, si direbbe, e gli chiede conto di quell'affronto. Ma l'unica cosa da fare è fuggire al più presto. Shaak Ti e gli altri Jedi portano via di peso il Cancelliere, mentre cloni e guardie del Senato provano a opporsi. Non c'è battaglia: muovendosi come un fulmine, Grievous li macella e stritola dal primo all'ultimo.

     Nell'attesa dell'ascensore per raggiungere il piano terreno, i Jedi temono di essere raggiunti da Grievous. Se affrontarlo pare impossibile, si può provare a rallentarlo: ci riesce il maestro jedi ithoriano Roron Corobb, con il poderoso spostamento d'aria che produce la sua sacca laringale.

     Ma persino il tragitto sull'elevatore è pericoloso: Grievous, inarrestabile, è già libero e insegue il velocissimo turboascensore esterno scendendo la facciata del palazzo grazie alle zampe uncinate. A terra, un esercito di super droidi da battaglia attende Palpatine e i suoi protettori, e di nuovo solo il grido del Maestro Corobb riesce a disperderli. Ma sulla via di fuga ci sono altri temibili avversari: le Magna Guards di Grievous, tornato anch'esso all'inseguimento.

     Intanto su Nelvaan Anakin si dirige verso la grotta chiamata "Bocca della Madre", dove dovrà affrontare la sua prova. Avanzando in mezzo a getti di vapore, si trova davanti a suggestive pitture rupestri degli indigeni nelvaan: la testa sembra scoppiargli e ha inizio una visione affascinante e terribile: i graffiti sembrano prendere vita e animandosi raccontano una storia angosciante.

     Un eroe affronta dei mostri che minacciano il suo villaggio, perde il braccio, che si rigenera subito, ma contaminato e di natura simile ai mostri affrontati: con quel potere compie altre imprese, ma finisce per uccidere anche i membri del villaggio e la sua compagna, trasformandosi... nella maschera di Darth Vader (vedi il commento a piè pagina per l'esegesi dettagliata della visione)

     Ripresosi, Anakin si trova davanti a un impianto segreto e misterioso...

     Shaak Ti e gli altri Jedi, sempre portandosi dietro di peso il Cancelliere Palpatine, volano letteralmente tra i camminamenti sospesi sui viali di Coruscant, inseguiti dalle Magna Guards e da Grievous. La fuga alternata allo scontro non sembra finire mai, e prosegue nei livelli più bassi, in una stazione della metropolitana, dove sfrecciano in continuazione convogli a repulsione velocissimi.

     I tre Jedi -Shaak Ti, Roron Corobb e il massiccio talz Foul Moudama- si battono con abilità straordinaria e con un coraggio commovente, mossi dalla loro dezione alla difesa del Cancelliere, che incarna le istituzioni della Repubblica: niente immaginano di ciò che realmente sta dietro a tutto.
     Il loro eroismo si trova però davanti la potenza del Generale Grievous, che solo una mossa astuta di Shaak Ti (legargli con la Forza un lembo del mantello a un convoglio) mette fuori causa per qualche minuto prezioso per riprendere la fuga a perdifiato. Da notare la smorfia di Palpatine: trapela, malcelata, una vaga ammirazione per l'astuzia della Jedi...

     Su Nelvaan, Anakin si addentra nel complesso industriale allestito dai cyborg skakoani della Tecno Unione. Vede degli schemi tecnici che sembrano riferirsi al Generale Grievous e, soprattutto, fa una scoperta orrenda: i guerrieri nelvaan maschi sono usati come cavie dalla Tecno Unione che sta sperimentando la produzione di un esercito di cyborg da fornire allo stesso Grievous: gli indigeni vengono immersi in un liquido, potenziati, devastati con impianti bionici di ogni tipo e soggiogati mentalmente.
     Anakin esce allo scoperto per liberarli ma gli skakoani glieli rivoltano contro.



     Commento:
     In questo episodio l'azione è dominante, ed è azione coinvolgente, che non stanca o lascia distrarsi. Si crea una notevole empatia nei confronti dei personaggi, in costante fuga, braccati, disperati. Il primo dei temi che emerge, infatti, è la straordinaria grandezza dei cavalieri Jedi: il loro eroismo e la loro devozione alla Repubblica e al Cancelliere. Col senno di poi, di chi già conosce come stanno le cose, è tragico e commovente vedere con quale coraggio e altruismo essi mettano a repentaglio le proprie vite per chi, in realtà, nutre nei loro confronti l'odio più assoluto e satanico che possa essere concepito, inconsapevoli di tutto il piano che è stato orchestrato, nel quale sono le più sacrificabili delle pedine.

     Gradevole la presenza, tra questi jedi, di due delle specie aliene che per prime Star Wars ci fece conoscere nel 1977, nella leggendaria cantina di Mos Eisley: il grosso e lanuginoso talz dalla piccola proboscide (Foul Moudama) e l'ithoriano "testa di martello" (Roron Corobb); quest'ultimo protagonista di scene memorabili, in cui scatena la potenza tutta naturale della sua razza, fermando con lo spostamento d'aria del "grido di battaglia" le più moderne macchine da guerra cibernetiche: Grievous e le sue Magna Guards. Non è forse questo uno dei leitmotiv più genuini della saga di Lucas fin dalle primissime bozze della sua epopea agli albori degli anni '70? La vittoria della natura (e dell'umanità) sulle macchine.

     Lo stesso tema è sviluppato nell'altro filone narrativo che costituisce questi capitoli finali di Clone Wars, e troverà il pieno compimento nell'episodio successivo, il venticinquesimo e ultimo, quando grazie ad Anakin i guerrieri nelvaan riusciranno a liberarsi dalla schiavitù "bionica" della Tecno Unione e a rivendicare la loro umanità.

     Abbiamo lasciato per ultima la scena forse più geniale e memorabile in assoluto dell'intera serie animata: l'inquietante visione che Anakin ha nella grotta detta "Bocca della Madre", simmetrica a quella che avrà Luke a Dagobah, anche in quel caso prefigurazione per simboli di un futuro ancora indecifrabile. L'idea delle pitture rupestri che prendono vita potrebbe richiamare un'analoga scena del film d'animazione Il Principe d'Egitto prodotto dalla Dreamworks nel 1998, in cui Mosé vedeva animarsi dei geroglifici. Ma il modello espressivo -per così dire- "tribale" e stilizzato in funzione simbolica è da ricercarsi soprattutto in Samurai Jack, l'opera precedente dello stesso autore di Clone Wars, Genndy Tartakovsky: il tema della tribù salvata dall'eroe era ricorrente, così come le visioni simboliche, il tutto reso nell'efficacissimo tratto nervoso e angoloso tipico del disegnatore. Si tratta di Arte, insomma; addirittura, di meta-arte in questa scena specifica, poiché grazie al suo tratto stilizzato racconta con assoluta eleganza un'arte "etnica" dalla quale ha mutuato proprio la sua stilizzazione delle forme, che lascia parlare i simboli con la bellezza della semplicità.

     La visione di Anakin merita un'analisi approfondita perché oltre ad essere un momento artisticamente molto riuscito ha una valenza tematica notevole nel quadro della saga, e avrebbe meritato, anch'essa, di trovarsi in un film.

     Ci sono due livelli di interpretazione sovrapposti. Un'esegesi letterale dell'"animazione" dei graffiti come semplice racconto ambientato tutto nella tribù locale (ogni personaggio ha fattezze nelvaan, a ben vedere), un livello interpretativo legato alla missione di Anakin per salvare questa tribù: la scena raffigura cioè la vicenda di questo salvatore dalla "mano fantasma" a lungo atteso, venuto da lontano per liberare un popolo oppresso; e anche se si tratta di Anakin, appare come uno di loro, viene assimilato al loro popolo, avendo eseguito tutti i riti prescritti e seguito il cammino degli eroi indigeni, ricevendo impressi sulla propria pelle i segni geometrici e labirintici che vedremo caratterizzare il male nella visione.

     C'è poi un secondo livello interpretativo, quello più autentico, allegorico, che rimanda al percorso di vita di Anakin: la visione riassume il suo recente passato e mostra l'orrore del suo futuro ormai prossimo.

     In vista di questa interpretazione, assume un significato più ricco anche il tatuaggio etnico che è stato fatto addosso al Jedi: se in senso immediato e letterale le forme "labirintiche" di quei segni indicano il percorso rituale codificato dai nelvaan che l'eroe dovrà compiere, in senso simbolico più ampio, per la vita di Anakin Skywalker, il labirinto tracciato sulla pelle è segno dello smarrimento di sé cui andrà presto incontro.

     La visione ci spingerà però a dare a quei motivi geometrici anche la valenza di "male tentacolare": a livello immediato, la minaccia che incombe sui nelvaan, in particolare sui maschi, potenziati ma disumanizzati; a livello allegorico per Anakin, la minaccia del male che porta impresso in sé, che lo rende (e sempre di più lo renderà) potente, ma disumanizzandolo nel corpo e ancor più nell'animo. Ma vediamo in dettaglio i significati dei vari momenti di questa breve e raffinata sinfonia di simboli.

     Nella prima parte della visione vediamo le bestie da soma tipiche di Nelvaan, sulle quali Anakin è giunto lì, e la vita quotidiana di un villaggio dei nativi che si svolge in pace. Due donne si recano a raccogliere dei frutti e vengono aggredite da una mostruosa entità, un male che si ramifica rapidamente e azzanna ogni cosa.

Questo momento indica, a un primo livello, la minaccia che incombe sui nelvaan e che Anakin dovrà sventare; ma è impossibile non rivedervi la vicenda di sua madre, rapita dai tusken mentre era andata a raccogliere i funghi dei vaporatori di Tatooine. La grotta in cui tutto sta avvenendo non si chiama forse la "Bocca della Madre"?

Una delle due donne si salva e va a chiedere aiuto a un guerriero, perché affronti il mostro maligno. Una è caduta, l'altra è ancora viva: la prima era la madre Shmi, la seconda è Padmé, le due donne della vita di Anakin; le due per amore delle quali si dannerà.

L'eroe, per difendere la sua gente (tutti hanno le fattezze dei nelvaan, e anche Anakin diventa "uno di loro" grazie al rito e alla missione che compie), affronta coraggiosamente la maligna proliferazione tutta artigli, fauci e nere spire (minaccia dei nelvaan / Lato Oscuro nella sua vita di Jedi). La sconfigge, ma...

...una bocca gli mozza il braccio destro. Egli ha vinto, ma riporta una ferita profonda: è segnato. I significati sono evidenti: c'è un richiamo a quanto accadrà nell'episodio successivo, proprio per salvare questa tribù; ma anche, evidentemente, all'episodio dello scontro con il Conte Dooku, nel quale Anakin restò mutilato la prima volta.

Il braccio mozzato ricresce, sotto l'occhio amorevole dell'amata: ma è rimasto contaminato dal male, ne ha ereditato le forme mostruose e oscure. Richiama nell'aspetto il braccio artificale e scheletrico con cui Anakin ha rimpiazzato quello perduto. Ma simboleggia anche il potere venato di male che è nelle sue mani.



     L'eroe successivamente compie altre imprese, forte del potere che ha acquisito; l'ultimo mostro che sconfigge ha le fattezze di quello ucciso all'arrivo a Nelvaan. Nel più alto livello di interpretazione, questi momenti simboleggiano le imprese che Anakin compie come insuperato eroe nella Guerra dei Cloni, anche grazie al potere che cresce in lui, alla rabbia, alla voglia di proteggere chi ama, galvanizzato (e insieme contaminato) dal male col quale è entrato in contatto e ha minato il suo corpo, iniziando a disumanizzarlo.

     Poi il suo potere ormai maligno, col quale voleva impedire a chi gli era caro di morire, l'eroe si rivolta contro tutti: nessuno si salva; per ultima, anche l'amata è stritolata dalle spire nere della sua mano.

     Alla fine l'eroe Anakin sembra impazzire e deformarsi, sopraffatto egli stesso dal suo male; fino ad assumere le fattezze di Darth Vader. La metamorfosi è completa, il destino oscuro si è compiuto.



(segue)
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