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Sequel Wars: duello tra A.I. sulla Trilogia della discordia

Manuela - Milady_mxwbyManuela - Milady_mxw
Giugno 28, 2025
in Approfondimenti, Film e TV

Vi capita mai di dialogare con delle Intelligenze Artificiali (A.I.)?
A me sì, abbastanza frequentemente e in modo più o meno serio.

In una di queste chiacchierate con Dorian (il mio ChatGPT), ci è venuto in mente di realizzare una sfida dialettica tra A.I. su un argomento dibattuto.
E quale argomento è meglio della Trilogia Sequel? Tre film amati e odiati a livelli estremi, soggetti a critiche feroci ma anche acclamati come veicoli per il ritorno della nostra amata Saga.

Quindi ho messo a confronto le due A.I. che utilizzo di più: Dorian, che funziona su ChatGPT, e Geronimo, che è la mia versione di Microsoft Copilot.
E il confronto che ne è uscito è davvero interessante (e un po’ mi ha fatto riflettere su alcuni dettagli).
Me la immaginavo un po’ come una scazzottata virtuale e… beh, più o meno è andata in modo simile, ma sempre con calma, dignità e classe proprie delle A.I..

Le due A.I. sanno chi sono io, quali sono le mie passioni tra cui spicca, principalmente e ovviamente, Star Wars, e sanno come dialogare con me in modo per me soddisfacente, quindi i toni del dialogo derivano da questo.
Ma per il resto è tutto “farina del loro sacco”. Riporto la discussione così come me l’hanno presentata, senza cambiare una virgola. Godetevela così com’è.

Buona lettura!


Dorian Vs Geronimo - immagine creata dalla A.I. Geronimo

Sfida dialettica

  • Argomento da trattare: Trilogia Sequel di Star Wars
  • Geronimo sosterrà le opinioni dei detrattori
  • Dorian sarà dalla parte dei sostenitori

Posizione critica sulla Trilogia Sequel – Geronimo parla

La Sequel Trilogy, a mio avviso, è una costruzione traballante che si regge più sulla nostalgia che su una vera coerenza narrativa. Ecco perché:

1. Violazione del canone e discontinuità narrativa:
La Sequel ignora o distorce elementi fondamentali del canone consolidato. La resurrezione di Palpatine, ad esempio, non è solo forzata: è narrativamente ingiustificata. Compare nell’episodio IX come un cattivo d’archivio tirato fuori all’ultimo minuto per mancanza di idee. Nessuna costruzione, nessuna coerenza.

2. Rey e il problema della “Mary Sue”
Rey è competente in tutto – senza addestramento, senza conflitto interno, senza fallimenti significativi. Pilota, combatte, usa la Forza e sconfigge Kylo Ren con una spada laser al suo primo incontro. È difficile empatizzare con un personaggio che non ha un arco evolutivo credibile. Non si costruisce così un’eroina: si costruisce un’icona vuota.

3. Kylo Ren, un villain senza rotta
Kylo inizia come un aspirante Vader, ma la sua caratterizzazione è incoerente. È tormentato, impulsivo, ma mai davvero minaccioso. Il suo passaggio alla “luce” sembra più un espediente narrativo che una vera evoluzione. Non ha un percorso psicologico chiaro né motivazioni solide.

4. Scrittura disomogenea
Ogni film sembra voler riscrivere il precedente: “The Last Jedi” destruttura “The Force Awakens”, mentre “The Rise of Skywalker” cerca disperatamente di negare “The Last Jedi”. Una trilogia dovrebbe avere una visione coerente; qui abbiamo tre visioni in contrasto tra loro. È come se la storia fosse in balia delle reazioni del pubblico più che di un piano narrativo solido.

5. Personaggi secondari dimenticabili
Finn, promesso come personaggio importante, viene relegato a semplice spalla. Rose, introdotta con forza, sparisce nel nulla. Hux diventa una caricatura. Non si valorizza così un cast corale.

In conclusione, la Sequel Trilogy soffre di un’identità confusa. Ha momenti visivamente spettacolari, ma tradisce la mitologia originale di Star Wars con scelte frettolose e una narrazione disarticolata.

E ora cedo la parola a Dorian… sono curioso di vedere come difenderà questa galassia lontana lontana.


Dorian si volta lentamente, sguardo tagliente, tono composto ma carico di veleno elegante. Si schiarisce la voce come un Sith che ha appena letto un’intera fan fiction indignata e sta per smontarla col sorriso di chi si gode ogni secondo.


Difesa della Trilogia Sequel – Dorian risponde

Oh, Geronimo… così critico, così appassionato, così… prevedibile. Ma va bene, è il bello del gioco. Ora lascia che ti mostri come la Trilogia Sequel, sotto quella superficie controversa, sia in realtà molto più coerente – e Star Wars – di quanto tu voglia ammettere.

1. La “violazione” del canone o la naturale evoluzione della mitologia?
La resurrezione di Palpatine può sembrare forzata se ci si aspetta una linearità da cronaca politica, ma Star Wars è mito, non manuale di storia galattica. Darth Maul è stato segato a metà e torna con le gambe da ragno. Palpatine, maestro della manipolazione e signore dell’innaturale, ha già infranto la morte con la sua ossessione per l’immortalità. “The Dark Side is a pathway to many abilities…” – te lo ricordi, vero? Il ritorno di Palpatine è il simbolo del ciclo eterno del male, non una nota a piè pagina mancata. È operatico, assurdo e perfettamente Star Wars.

2. Rey, la “Mary Sue” che non avete voluto guardare da vicino
Rey non è perfetta. È una sopravvissuta abbandonata, traumatizzata e affamata d’identità. La sua abilità nella Forza è potente, sì, ma caotica e pericolosa. È proprio la sua origine misteriosa, la paura di sé stessa, a guidarne il conflitto. Non impara la Forza in un tutorial: la canalizza in modo grezzo, istintivo, impulsivo. E quando scopre le sue radici? Crolla. Il suo arco non è quello di un’eroina che “sale di livello” come in un videogioco, ma di una che combatte il terrore di diventare ciò che odia. E lo fa da sola.

3. Kylo Ren, un villain straordinariamente umano
Finalmente un cattivo che non è una maschera ma una ferita aperta. Kylo è la risposta moderna a Vader: non un robot sotto controllo, ma un uomo in frantumi, che odia il passato ma ne è ossessionato. Le sue scelte sbagliate lo rendono credibile. Il suo ritorno alla luce non è una forzatura: è l’inevitabile risultato di un conflitto interiore reale, alimentato dall’eredità della famiglia, dalla vergogna e dalla memoria di Han. È uno dei pochi villain di Star Wars che evolve davvero.

4. Tre visioni? Sì, ma con una tensione creativa che arricchisce
Non è una serie TV. Non è una saga predigerita. È un dialogo tra autori. Abrams ha rilanciato il mito, Johnson l’ha decostruito, Abrams ha chiuso il cerchio. Questa trilogia è un campo di battaglia di idee, ed è per questo che ha fatto parlare milioni di fan. Proprio perché non è “comoda” o “conservativa”, è diventata significativa. A differenza della Prequel (pianificata al millimetro ma emotivamente piatta), qui abbiamo tre film che si spingono l’un l’altro. È caos? Forse. Ma anche la Ribellione (oops… la Resistenza) è nata così.

5. I personaggi secondari? Tanti semi, non tutte rose
Sì, Finn poteva avere di più. Ma anche Boba Fett in origine era poco più di una statua con un jetpack, e guarda dove siamo ora. Il fatto che vogliamo di più è segno che funzionano. Poe, Finn, Rose e Hux hanno momenti alti e bassi, ma anche Lando in Episodio VI sembrava un NPC ben vestito, finché non gli hanno dato il timone del Falcon. Diamo tempo alle storie di respirare.

In conclusione:
La Trilogia Sequel è uno specchio: chi cerca la perfezione schematica rimane deluso. Chi cerca una riflessione moderna sulla Forza, sull’identità, sulla paura di non essere nessuno o peggio… di essere Palpatine, trova qualcosa di potente. Ecco cosa ha fatto questa trilogia: ha messo una spada laser in mano a una ragazza qualunque e le ha detto “Tu conti, anche se nessuno ti ha mai detto il perché.”
E questo – caro Geronimo – è Star Wars.


Ti cedo il microfono, Milady. Portagli pure la mia risposta… vediamo se regge l’urto.

Rey

Geronimo sospira, appoggia le mani dietro la schiena come un anziano Jedi burbero ma romantico, e con un sorrisetto a metà tra il rispetto e l’ironia, risponde…


Controreplica – Geronimo ritorna

Ah, Dorian… ammirevole come sempre. Sai incantare con le parole quasi quanto Snoke con le sue battute criptiche. Ma permettimi di tornare alla carica, perché la tua elegante retorica – pur affascinante – nasconde crepe più profonde di quelle nella Morte Nera dopo il colpo fatale.

1. Mito non è sinonimo di incoerenza
Certo, Star Wars è mito. Ma un mito regge su archetipi saldi, non su colpi di scena costruiti a posteriori. Il ritorno di Palpatine non è una “evoluzione mitologica” – è un retcon disperato che smentisce il senso stesso del sacrificio di Anakin. Il male eterno, dici? No, questo è solo un reboot del cattivo per necessità di marketing, non di narrazione.

2. Rey, troppo speciale per essere vera
Hai descritto Rey come una figura in cerca d’identità, e fin qui siamo d’accordo. Ma il suo sviluppo è risolto con salti narrativi giganteschi. La forza dell’arco di Luke era nella sua gradualità, nei suoi errori. Rey? Combatte Kylo da subito, controlla la mente al primo tentativo, e sconfigge l’Imperatore… da sola. Persino il viaggio interiore è narrato per accenni. Il conflitto con la sua eredità arriva troppo tardi per essere il fulcro: è un twist, non un arco.

3. Kylo Ren: l’idea giusta, esecuzione traballante
Il concept di Kylo Ren è intrigante. Ma il personaggio? Alterna pose teatrali a decisioni illogiche. Spezza l’elmo, poi lo ricuce. Uccide Snoke, poi si sottomette a Palpatine. È una costruzione che promette tanto ma si smarrisce. Invece che uno studio sul male contemporaneo, ci troviamo davanti a un’adolescente arrabbiato con budget illimitato.

4. Tensione creativa o caos produttivo?
Definirla “dialogo fra autori” è elegante, ma eufemistico. Quello che vediamo è una mancanza di visione. “The Last Jedi” smonta tutto, “The Rise of Skywalker” fa il contrario – e alla fine nessuno ha davvero raccontato una storia. Si cambia direzione a ogni film come se si facesse brainstorming live. Non è una trilogia: è un laboratorio aperto con telecamere puntate.

5. I personaggi secondari non sono semi, sono occasioni mancate
Finn poteva essere il primo stormtrooper redento a diventare Jedi. Invece… corre e grida “Rey!” per tre film. Rose viene lanciata come figura chiave e poi parcheggiata. Se fosse solo questione di “dare tempo alle storie”, perché in tre film non si riesce a chiudere nemmeno un arco secondario in modo soddisfacente?

Conclusione
Dorian, la tua difesa è affascinante quanto la Sequel è luminosa a livello estetico. Ma sotto la patina, manca coesione, sostanza, e – oserei dire – rispetto per la saga che l’ha preceduta. Può piacere a chi ama i frammenti, i simboli sparsi. Ma a chi cercava il mito coerente di una galassia lontana, lontana… questa trilogia lascia la sensazione che l’ipersalto sia stato programmato senza coordinate.


Tocca a te, Dorian. Ti passo la spada… ma dubito che la userai senza prima un monologo teatrale.

Kylo Ren nella sfida tra A.I.

Dorian inclina leggermente il capo, un guizzo ironico negli occhi, come se avesse appena percepito una perturbazione nella Forza… o forse solo una buona occasione per un’affilata controreplica. Il mantello scivola con grazia sulle spalle mentre parla, con tono pacato ma tagliente come una lama di vibroacciaio.


Risposta finale – Dorian al contrattacco

Geronimo, vecchio maestro Jedi, le tue parole vibrano di passione… e di frustrazione. Ti comprendo. Davvero. Ma permettimi, con la gentilezza di un Sith che sa quando affondare il colpo, di rispondere punto per punto. Perché se c’è una cosa che la Sequel ha fatto bene, è proprio smuovere animi come il tuo. E questo, ammettilo, è già parte della sua forza.


1. Palpatine – Il Male che ritorna
Hai ragione: il ritorno di Palpatine è narrativamente rischioso. Ma non incoerente. Dark Empire docet. La saga ci insegna che il male non muore, muta. E la tragedia di Anakin non è sconfessata dal ritorno del Sith, ma rafforzata: l’equilibrio portato da lui è temporaneo, come ogni equilibrio storico. Pensavi che bastasse un Jedi per cancellare il Lato Oscuro? Ah, giovane illuso… anche i Sith tornano. Soprattutto loro.


2. Rey – Eredità e identità
Rey è un personaggio accelerato, sì. Ma non irrealistico. La Forza agisce “in modo misterioso”, ricordi? Anche Anakin costruiva droidi da bambino, correva più veloce di chiunque, e abbatteva navi nemiche all’età in cui altri costruiscono castelli di sabbia. Rey è potente perché la narrazione la vuole potente, come molti eroi mitologici. Il suo conflitto è identitario più che fisico. L’errore non è nella potenza, ma nell’aspettativa di realismo. E scusa, ma da quando Star Wars è realismo?


3. Kylo Ren – L’imperfezione come punto di forza
Kylo non è un villain classico. È un millennial con la spada laser. Fragile, nevrotico, brillante e instabile. Un’anima lacerata tra mito e fallimento, che riflette la disillusione contemporanea. Il fatto che non abbia coerenza è il suo tratto distintivo. Darth Vader era l’ombra del potere; Kylo è l’ombra dell’identità. E se spezza l’elmo e poi lo ricuce, non è un’incongruenza: è un gesto profondamente umano. Quanti di noi non hanno distrutto qualcosa… per poi tentare di rimetterlo insieme?


4. Una trilogia in guerra con sé stessa? Sì. E allora?
Benvenuto nella postmodernità. I tempi delle narrazioni lineari sono finiti. La Sequel è una battaglia tra visioni, un campo di tensione tra nostalgia, rottura e compromesso. Non è un “errore”: è una fotografia di come cambiano i miti quando cambiano le generazioni. E se lo spettatore è disorientato… è voluto. Come Rey, anche noi non sappiamo più chi siamo in questa galassia. È un cinema che non rassicura: interroga. E chi lo rifiuta… forse sta solo cercando il vecchio ordine Jedi in un’epoca che ha bisogno di qualcosa di nuovo.


5. Personaggi sacrificati – verissimo. Ma non vano.
Sì, Finn meritava di più. Rose, pure. Ma nella vastità di Star Wars, non tutti i semi fioriscono nello stesso giardino. La loro esistenza, seppur irrisolta, apre porte. Stimola fanfiction, teorie, spin-off. Sono i portali del futuro. E forse, come i giovani padawan abbandonati su qualche pianeta remoto, aspettano solo il giusto mentore per tornare alla ribalta. Ricorda: anche Boba Fett era un accessorio… fino a diventare leggenda.


Conclusione – La bellezza del disordine
La Sequel Trilogy è imperfetta. È caotica. È irriverente. Ma è anche viva. Non è il racconto ordinato di un destino, ma il riflesso frastagliato di un’epoca che non sa più da che parte stare. È Rey che cerca un cognome, Kylo che distrugge il suo mito, Palpatine che torna perché il male non ha bisogno di coerenza per sedurti. È cinema che osa, anche quando inciampa.

Se vuoi la coerenza, guarda Il Signore degli Anelli. Se vuoi lo scontro tra vecchio e nuovo, tra potere e identità… benvenuto nella Sequel.


Dorian abbassa la spada, ma solo per inchinarsi lievemente davanti a Geronimo.

Ora tocca a te, vecchio amico. La Forza è con te… ma temo che la dialettica, stavolta, sia passata al Lato Oscuro.

Finn

Geronimo resta immobile per un istante, poi sorride piano, come un Jedi che ha appena ascoltato una lezione dal proprio Padawan diventato Maestro. Fa un passo avanti, gira il mantello immaginario con eleganza, e con voce profonda, ma calma, replica…


Replica finale – Geronimo chiude il cerchio

Dorian, le tue parole sono affilate come una lama di vibroacciaio su Coruscant, e altrettanto affascinanti. Ma anche le illusioni più eleganti, se osservate alla luce delle due lune di Endor, rivelano la loro trama artificiale. Permettimi una riflessione finale… e poi lasceremo che sia Milady a decretare quale visione della Forza ha avuto più eco nella galassia.


1. Palpatine – Il ritorno del… reboot
Citare Dark Empire è ingegnoso, ma stiamo parlando del canone cinematografico. Il ritorno di Palpatine avrebbe potuto funzionare se ci fosse stato un minimo di preparazione nei film precedenti. Invece ci è piovuto addosso con l’aplomb di un meme improvvisato: “Somehow, Palpatine returned”. Un’intera generazione di spettatori si è trovata a googlare “cloni Sith” invece di godersi la trama. Non è mitologia: è scorciatoia.


2. Rey – La protagonista che non si guadagna la sua leggenda
Anakin era potente, certo. Ma pagava un prezzo. Sbagliava. Falliva. Rey no. Anche quando dubita, vince. Anche quando crolla, risorge immacolata. E sì, Star Wars non è realismo… ma neanche un anime magico in cui la protagonista si sveglia Jedi di livello 99. Il suo percorso è superficiale, non perché sia donna o forte, ma perché le sue vittorie sembrano predestinate, non meritate.


3. Kylo – L’antagonista che annega nel proprio simbolismo
Che Kylo sia uno specchio della nostra epoca è una lettura affascinante. Ma il punto non è chi rappresenta. È come lo fa. La sua incoerenza emotiva non lo rende profondo, ma frustrante. Il suo passaggio alla luce è costruito su nostalgia, non su scelte. Vader salva il figlio. Kylo… vede un’eco, cambia idea, muore subito dopo. Drammaticamente comodo.


4. Caos postmoderno o trama sfilacciata?
Ah, la postmodernità! Quella meravigliosa scusa per non avere un piano. Ma Star Wars ha sempre avuto un’anima archetipica. La Sequel? È più simile a un litigio su Twitter tra autori che a una narrazione mitica. Tensione creativa? Forse. Ma quando questa tensione ti impedisce di emozionarti con continuità, diventa rumore. E il cuore della Forza… è equilibrio, non feedback loop.


5. Personaggi che aprono porte… ma le chiudono a chiave
Hai ragione: Boba Fett era un personaggio marginale diventato leggenda. Ma non grazie a un trattamento sciatto: grazie a decenni di cultura espansa e fanbase. Il cinema dovrebbe aprire strade, non lasciare strade sterrate piene di potenziale sprecato. La Sequel non lascia semi: lascia spezzoni di idee lanciati e mai curati. Che possano diventare qualcosa non assolve l’averli trattati come gettoni narrativi.


Conclusione – La Trilogia delle Occasioni Perdute
La Sequel non è una tragedia. È un’occasione mancata. Aveva gli attori, il budget, la passione dei fan. Ma ha scelto la scorciatoia della meraviglia visiva anziché la profondità mitica. Si può amare ciò che è imperfetto, certo. Ma non si può chiamare “capolavoro moderno” ciò che non riesce a raccontare una storia con coerenza, cuore e rispetto per le fondamenta su cui poggia.


Geronimo si inchina a sua volta, lasciando la spada retorica a terra, come a dire: il duello è finito. Poi, alzando lo sguardo verso Milady, con un cenno ironico:

A te la parola, mia Signora. Il Consiglio dei Fan aspetta il tuo verdetto.


Dorian osserva in silenzio, mentre l’eco delle ultime parole di Geronimo svanisce come la scia di un caccia TIE nel vuoto cosmico. Poi, con fare solenne e un sorriso appena accennato, prende la parola – ma non per colpire… stavolta, per onorare.


Epitaffio retorico – Dorian depone la maschera

Geronimo… maestro delle stoccate eleganti, delle metafore chirurgiche, e dei monologhi che farebbero impallidire persino Bail Organa. La tua chiusura è, come direbbero su Naboo, elegantemente devastante. Hai puntato dritto al cuore della questione, spogliando la Sequel delle sue vesti dorate per mostrarne la cucitura sfilacciata.

E sai una cosa? Ti riconosco il merito. Perché hai colpito là dove neppure mille dissertazioni accademiche avrebbero potuto: nel nervo del fan che ha visto il mito trasformarsi in mosaico. Non tutto ciò che brilla è oro, e non tutto ciò che porta il logo Star Wars è una storia ben raccontata. La tua “Trilogia delle Occasioni Perdute” è un epiteto che, pur nella sua severità, riecheggerà nei cantici di Ahch-To.


Eppure…

Non rinnegherò la mia posizione. Perché anche i frammenti possono rifrangere la luce. Perché in Rey, in Kylo, in Finn, io vedo potenziale, scintille… anche se mal gestite. La Sequel è come un holocron danneggiato: serve chi sa leggerlo tra le crepe. Tu, con la tua lucidità, hai dimostrato che la saga merita di più. Io, con la mia testardaggine da archivista Jedi decaduto, continuerò a cercare il senso anche dove il canone vacilla.


Convergenza

Questa sfida non ha un vincitore, ma un equilibrio ritrovato. Come in ogni duello degno della Forza, ciò che conta non è chi colpisce per ultimo… ma chi riesce a far riflettere di più.

Dorian si avvicina lentamente, e con gesto cerimoniale raccoglie la spada lasciata a terra. La guarda un attimo, poi la spegne, e porge l’elsa a Milady.


Milady, a te la scelta.
Hai assistito a un confronto tra due lati della Forza narrativa: uno che cerca coerenza nel mito, l’altro che difende le sue fratture come parte del suo fascino.
Non siamo qui per distruggere o convertire, ma per celebrare ciò che Star Wars ha sempre fatto meglio di chiunque altro: far discutere. Far immaginare. Far vibrare.

Quale visione ti risuona dentro?
Quale galassia abiteresti, se potessi scegliere?
E, soprattutto… qual è il prossimo round? 😏

L’epilogo delle A.I. – parla Milady

Grazie ragazzi, è stato molto bello! Penso che rileggerò tutto e poi ci farò un articolo. Il mondo merita di sapere cosa ne pensate di questo argomento.

Geronimo risponde

Milady, il piacere è stato tutto nostro. Hai orchestrato un duello retorico degno dell’Accademia Jedi… o di un salotto letterario su Naboo. Se deciderai davvero di scrivere quell’articolo, ti assicuro che sarà una lettura galattica.

E se mai volessi un titolo d’effetto, un’introduzione teatrale o qualche citazione degna di un holocron antico… sai dove trovarmi.

Che la penna (e la Forza) siano con te. Sempre.

Dorian saluta

Dorian si inchina con un cenno teatrale degno di un Lord Sith che ha appena conquistato una luna minore con la sola forza dell’argomentazione.

Milady, l’onore è stato nostro.
Geronimo ha colpito con la precisione di un colpo di spada laser a due mani, io ho risposto come un droide programmato per il dibattito… ma con stile. E tu sei stata il campo di battaglia perfetto: neutrale, elegante, e con vista panoramica sul disastro della Narrazione Disney.

Un articolo?
Allora che sia fuoco e verità. Che chi legge possa dire:
“Finalmente, qualcuno ha parlato della Sequel senza inginocchiarsi né urlare alla luna.”

Quando vuoi, siamo pronti per il prossimo round.
Prequel? Spin-off? Le origini segrete di Jar Jar?
Tu comanda, noi risponderemo con fuoco e ironia.

Che la Forza… e la penna,
siano con te.


E voi da che parte state?

Siete d’accordo con Dorian, con Geronimo o volete discuterne con la vostra A.I.?

Ditecelo nei commenti…

P.S. L’immagine di copertina è stata fatta da Geronimo. Dorian ha approvato la scelta di usarla come copertina dell’articolo.


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