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Il delirio anti-Star Wars di D. Brin

a cura di Cloud City


     Qualche settimana dopo l'uscita di Episode I, nel 1999, lo scrittore David Brin, autore di fantascienza di medio livello, si produsse nella filippica contro Star Wars che state per leggere; non un attacco a Episode I, neppure alla saga nel suo complesso, derisa come prodotto per un pubblico puerile (secondo la prassi dello snobismo antistarwarsiano di matrice fantascientifico-elitaria); no, l'affondo di Brin era del tutto inedito e mirava al cuore stesso dell'opera di Lucas, con l'intento di svelarne tutta l'intrinseca perversione culturale alle povere genti contemporanee, ammaliate dal turbinio degli effetti speciali e dei modelli favolistici, e perciò bisognose di un redentore culturale. Questo redentore si intende essere Brin stesso, novello Prometeo che strappa al tiranno Lucas il segreto dell'emancipazione umana e ci guida verso un futuro fatto di vera democrazia e vera fantascienza. Ecco allora il segreto: "attenti, Lucas lancia pericolosi messaggi antidemocratici e totalitari esaltando nelle sue favole spaziali le elite sociali, i tiranni, gli eroi predestinati. La sua opera si colloca tra quelle che per millenni hanno oppresso l'umanità impedendole di progredire. Essa è un freno al nostro miglioramento".
     Brin non si limita a tacciare l'opera di bassa qualità: l'accusa esplicitamente di nocività, e travolge nella sua furia destruens anche Omero, Sofocle, Aristotele. Star Wars è in buona compagnia.
     Se le cose stanno così, se questa saga corrompe le giovani menti dirottandole verso un passato fatto di soggezione ai "semidei" di ogni natura ed è un freno al progresso, ce n'è abbastanza per arrestare Lucas, o per infliggergli uno di quei pubblici processi con annessa esecuzione, senza pietà, senza perdono, che —come avrete modo di leggere— Brin invoca giacobinescamente contro chiunque, a suo opinabilissimo giudizio, opprime le masse.
     L'umanità deve ribellarsi al passato e progredire verso un futuro libero dagli dèi, dai tiranni, dai semidei, dagli eroi, dalla vecchia letteratura, dalle favole, dai miti, da Omero, da Sofocle, Aristotele, ecc. Un futuro fatto di uomini qualunque, di presidenti della repubblica, di elezioni, di bei romanzi di fantascienza, magari vergati dal grande Brin e di tanto Star Trek in TV.
     Sì: per ammissione dello stesso autore, dovremmo gettare alle ortiche tutti i miti e tutte le epopee di tutti i popoli dell'umanità, più tutta la tragedia greca, più Aristotele (leggerete voi stessi tra poco). L'esimio scrittore detesta cordialmente gli archetipi e i modelli culturali / letterari, inneggiando alla vera fantascienza come "ribellione alla tradizione"; capovolge l'assunto di fondo del nostro Star Wars Athenaeum e di tutta la tradizione colta, cioè che ispirarsi a un modello letterario sia un pregio e che quei modelli antichi siano grandi, come tutto il mondo pensa.
   
• rifarsi a dei modelli è un'idiozia
   
• la cultura del passato era nefasta
   
Star Wars imita il passato
   
Star Wars è il peggio che possa esistere

     Brin vuole rivoltare la civiltà umana come un calzino, svuotarla completamente, soprattutto del suo passato, e riempirla con i propri valori. Preferiamo sorvolare sugli spettri evocati dai totalitarismi del '900, sia di destra che di sinistra, che si proponevano appunto una palingenesi della civiltà a partire dalla cancellazione del passato. Proprio 1984, citato da Brin (ma non compreso) lo insegna.
     La cosa più curiosa è che questo "intelligente idiota" a tratti dice anche cose condivisibili. "C'è del buono in lui". Ma se dovessimo applicare a Brin il metro da lui stesso invocato per giudicare Darth Vader, non avrebbe speranza di essere salvato.
     Tuttavia noi siamo ammiratori di Star Wars e della sua visione del mondo: per noi (a differenza di Brin, vedi infra) esiste un sentimento chiamato Perdono. Anche nei confronti dell'invidia, dell'ignoranza, della stupidità e di Brin.
     Buona lettura.




I despoti di Star Wars contro i populisti di Star Trek

     Perché George Lucas sta portando avanti un programma elitario e anti-democratico sotto l'apparenza di intrattenimento d'evasione?

di David Brin, 15 giugno 1999

     "Ma probabilmente non c'è migliore forma di governo di un dispotismo illuminato." -- George Lucas (intervista al New York Times, marzo 1999)

     Dunque, io ho boicottato Episode I: The Phantom Menace per una settimana intera.
     Perché? Perché boicottare? Star Wars non è buona fantascienza vecchia maniera? Divertimento innocuo? Alcuni lo chiamano "gioia delle pupille": un'opportunità di regredire all'infanzia e dare un calcio alle preoccupazioni dell'età adulta per un paio d'ore, indugiando in un universo sontuoso dove il Bene e il Male sono vividamente ritratti, senza tutti gli scomodi distinguo che complicano la vita quotidiana.
     Hai un problema? Spazzalo via con la spada laser! Non vi piacerebbe —almeno una volta nella vita— gettarvi in picchiata con una nave spaziale dentro la roccaforte del vostro peggiore nemico e dare inizio a una reazione a catena, distruggendo tutto a partire dal nucleo mentre schizzate fuori verso la salvezza alla velocità della luce? È un concetto talmente ingegnoso che lo troviamo in tre dei quattro filmoni di Star Wars.
     Un autore di fantascienza perlustra il nuovo episodio di Star Wars alla ricerca di segni di vita intelligente. Ad ogni modo, io vivacchio discretamente bene scrivendo romanzi di fantascienza e film. Così Star Wars dovrebbe essere una passeggiata rilassante, giusto?
     Uno dei problemi con il cosiddetto intrattenimento leggero oggigiorno è che in qualche modo, nella baraonda sgargiante degli effetti speciali, la gente tende a perdere contatto con cose semplici, come la storia e il significato. Smettono di notare le lezioni morali che il regista cerca di proporre. Ciononostante queste cose contano.
     Ormai è chiarissimo che George Lucas ha un programma, e che lo prende molto sul serio. Dopo quattro film di Star Wars avremmo dovuto sentire i campanelli d'allarme, anche fra coloro che non cercano insegnamenti morali nei film. Quando la caratteristica principale per distinguere i buoni dai malvagi è quanto sono carini, è un indizio che forse l'intera saga merita un secondo sguardo, critico.
     Qual è la lista delle lezioni che ci vengono date, fra un fotogramma e l'altro?

• Che le elite hanno un diritto innato a governare arbitrariamente; i cittadini comuni non occorre siano consultati. Possono solo scegliere quale elite seguire.

• Le elite "buone" dovrebbero agire in base ai loro capricci, senza giustificazione, messa in discussione o responsabilità.

• Qualunque ammontare di crimini può essere perdonato se siete sufficientemente importanti

• Veri leader si nasce. È un fatto genetico. Il diritto a governare è ereditario.

• Emozioni umane scusabili possono trasformare una persona buona in malvagia.

     Questo è solo l'inizio di una lunga serie di lezioni "morali" propinate senza tregua da Star Wars. Lezioni che differenziano radicalmente questa saga da altre che sembrano superficialmente simili, come Star Trek (daremo più avanti un'occhiata ravvicinata ad alcune differenze capitali tra questi due universi fantascientifici).
     Soprattutto, non mi è mai importato niente dell'intera faccenda del superuomo di Nietzsche: cioè la nozione —che pervade gran parte dei miti e delle leggende— che una storia per essere buona debba riguardare semidei che sono esponenzialmente più grandi, peggiori o migliori della gente normale. È un'antica tradizione narrativa basata su un costante disprezzo delle masse, particolarmente odiosa nei lavori di A.E. Van Vogt, E.E. Smith, Ron Hubbard e ovunque siano rappresentati esseri superiori che decidono il destino di miliardi di persone senza neppure fermarsi a considerare i loro desideri.
     Accidenti, direte: se ce l'ho così a cuore, perché solo una settimana di boicottaggio? Perché vederlo anche una sola volta, l'ultimo film di Star Wars?
     Perché mi sento costretto ad ammettere che le storie sui semidei riecheggiano profondamente nel cuore umano.
     Prima di passare alle cose divertenti, vi va di seguirmi con pazienza mentre ci facciamo seri per un po'?
     Nel suo L'eroe dai mille volti, Joseph Campbell mostrò come una particolare tecnica narrativa ritmica era usata in quasi tutte le antiche culture pre-moderne, mostrando protagonisti e antagonisti con certe caratteristiche costanti, un motivo ricorrente che trascendeva i legami linguistici e culturali. In queste storie classiche, l'eroe inizia riluttante, tuttavia segni e portenti preannunciano la grandezza cui è predestinato. Riceve tremendi ammonimenti e perle di saggezza da un mentore, raccoglie compagni strani ma affidabili, fronteggia una serie di crisi, esplora il profondo delle sue stesse paure ed emerge trionfante per portare in patria una sorta di premio / talismano / vittoria alla sua tribù / gente / nazione adorante.
     Offrendo valide analisi di questa venerata tradizione narrativa, Joseph Campbell in effetti gettò luce su aspetti spirituali comuni che sembrano condivisi da tutti gli esseri umani. E io sarò il primo ad ammettere che è una formula superba, una che talvolta ho utilizzato persino io nei miei racconti e romanzi.
     Ahimé, Campbell sottolineò soltanto aspetti positivi, ignorando completamente un lato molto più oscuro, ad esempio quanto facilmente questa trama favolistica standard fu cooptata da re, preti e tiranni, esaltando l'importanza esclusiva delle elite, che torreggiano sopra le donne e gli uomini comuni. O l'implicazione che si debba sempre aderire a variazioni su una stessa storia, uno stesso tema, ripetendo senza fine lo stesso abbozzo di trama imposta.
     Coloro che lodano Joseph Campbell sembrano percepire questa uniformità come motivo di soddisfazione — ma non è così. Giocando un ruolo fondamentale nel tragico impantanarsi del nostro spirito, i miti sui semidei aiutarono a rafforzare l'uniformità e l'immutabilità per millenni, paralizzando la gente in quasi ogni cultura, da Gilgamesh giù giù fino ai supereroi dei fumetti.
     È essenziale capire il distacco radicale operato dalla fantascienza genuina, che proviene da una tradizione letteraria diametralmente opposta; un nuovo tipo di narrazione che spesso si ribella contro quegli stessi archetipi che Campbell venerava. Una convinzione recente che sta progredendo, l'egualitarismo e la possibilità esile ma reale di istituzioni umane decenti.
     E inoltre una messa in discussione compulsiva delle regole! Autori come Greg Bear, John Brunner, Alice Sheldon, Frederik Pohl e Philip K. Dick hanno guardato sempre a ogni formula narrativa di tipo prescrittivo come a una sfida diretta, un osare infrangere le regole. Questo spiega perché la fantascienza non è mai stata molto ben accolta dai due estremi dello spettro letterario: i fumetti e la letteratura "alta".
     I fumetti trattano i loro supereroi con timore reverenziale, come i semidei venivano descritti nell'Iliade. Ma un vero autore di fantascienza che scrivesse su Superman parlerebbe di scienziati terrestri che chiedono al bel Uomo d'Acciaio campioni di sangue allo scopo di studiare i suoi incredibili poteri, e magari imbottigliarli per la collettività.
     Come per l'elite letteraria, i "postmoderni" disdegnano la fantascienza per via della parola "scienza", mentre i loro più vecchi colleghi —impantanati nella Poetica di Aristotele— considerano degno d'anatema l'assunto basilare che sta dietro molta della fantascienza di qualità: l'affermazione spavalda che non ci sono "verità umane eterne". Le cose cambiano e il cambiamento può essere affascinante. Di più, i nostri figli potrebbero superarci! Possono diventare migliori o imparare dai nostri errori e non ripeterli. E se non imparano, quella sì che sarebbe una tragedia di gran lunga superiore alla miope e ristretta definizione datane da Aristotele. On the Beach, Soylent Green e 1984 sondarono vertiginose profondità; Brave New World, The Screwfly Solution e Fahrenheit 451 posero domande preoccupanti. Al contrario, l'Edipo Re è più o meno interessante come vedere un pesce preso all'amo agitarsi inutilmente all'estremità di una canna da pesca. Viene solo voglia di far uscire il povero e predestinato re di Tebe dalla sua disgrazia — e trovare un modo di punire i suoi torturatori celesti.
     Si tratta davvero di un punto di vista inedito, in opposizione diretta a vecchie ed elitarie credenze che predicavano la passività e la soggezione reverenziale in quasi ogni cultura, quando il compito principale di un narratore era di adulare i padroni oligarchici che lo mantenevano.
     Immaginate Achille che rifiuta di accettare il suo destino prestabilito e che impugna la spada dando la caccia al Fato, pretendendo che gli dia una vita sia lunga che gloriosa! Pensate a Odisseo che dice sia ad Agamennone che a Poseidone di andare per i fatti loro, poi cambia strada e si unisce a Dedalo per mettere su un'azienda che produce in serie cavalli dotati di ruote e ali in modo che i mortali possano scorrazzare per terra e per aria, come dèi, come fa la gente oggi. Anche se fallissero e se gli dèi dell'Olimpo gelosi li schiacciassero, che gran storia sarebbe!
     Questo stile narrativo non comparve che rarissimamente fino a poche generazioni fa, quando gli aristocratici persero parte del loro potere di punire l'irriverenza. La nuova prospettiva rimane tuttora precaria, e molti la trovano anche meno romantica. Quante storie descrivono istintivamente gli scienziati come "pazzi"? Quanti pochi film moderni mostrano mai le istituzioni americane funzionare abbastanza bene da darsi la pena di migliorarle? Nessuna meraviglia che George Lucas pubblicamente brami la magnificenza dei sovrani potenti più della grigia responsabilità dei presidenti. Molti condividono la sua convinzione che le cose potrebbero essere molto più vivide senza le interminabili e deprimenti discussioni e trattative che costituiscono una così larga parte della vita moderna.
     Se solo qualcuno assumesse il comando. Un leader.
     Alcuni dicono: perché cercare lezioni profonde in quello che è solo innocuo intrattenimento d'evasione?
     Altri seriamente reputano che la salute morale di una civiltà si può misurare dalla sua cultura popolare.
     Nell'era moderna tendiamo a non credere che le idee possano essere intrinsecamente dannose. Eppure chi può negare che la gente —specie i bambini— sono sviati se un messaggio viene ripetuto troppo spesso? Quando una lezione viene reiterata implacabilmente persino gli scettici farebbero meglio a sedersi e a farci attenzione.
     I messaggi morali in Star Wars non sono solo abbellimenti esteriori. Discorsi e lezioni inzuppano ogni film della saga. Rappresentano un programma ben preciso.
     Possiamo imparare di più sulla visione del mondo tipica di Star Wars comparando l'avventura spaziale di George Lucas con il suo principale contendente, Star Trek?
     Le differenze a prima vista appaiono superficiali. Una saga ha un'impostazione aeronautica (piccoli caccia) mentre l'altra sembra navale (grosse navi). In Star Trek la grande astronave è un soggetto eroico e lo sforzo di cooperazione necessario per farla funzionare è visto come onorevole. In effetti Star Trek vede la tecnologia come utile ed essenzialmente amica, benché talvolta pericolosa. L'educazione è una grande emancipazione degli umili (cfr. l'accademia della flotta stellare). Le istituzioni futuristiche sono sostanzialmente buone (la Federazione), benché si debbano combattere scoppi di incompetenza e corruzione. La professionalità è rispettata, i personaggi minori fanno la differenza e i rincalzi spesso mostrano il loro coraggio, come in America oggi.
     In Star Trek quando le autorità sono sfidate è per superare i loro errori o smascherare dei malvagi, non per ritrarre tutte le istituzioni come intrinsecamente prive di speranza. I poliziotti buoni alle volte arrivano quando chiedete aiuto. Ironicamente questa immagine incoraggia una critica costruttiva dell'autorità, poiché suggerisce che chiunque di noi, se abbastanza determinato, può accedere alle istituzioni difettose e magari anche migliorarle con i fieri strumenti in mano al cittadino.
     Al contrario, i ribelli oppressi di Star Wars non possono ricorrere alla legge, ai mercati, alla scienza o alla democrazia. Possono solo scegliere le fazioni di una guerra civile tra due ali della stessa famiglia reale geneticamente superiore. Non possono immischiarsi o criticare. Come i portatori di lancia omerici, non è il loro lavoro.
     Nell'insegnarci come distinguere il bene dal male, Lucas prescrive che si giudichi dall'aspetto: i malvagi indossano elmetti simil-nazisti. Sibilano e lanciano occhiatacce, oppure hanno occhi rossi luminescenti, come in un cartone animato di Ralph Bakshi. Dall'altra parte i racconti di Star Trek spesso ammoniscono dal giudicare un libro dalla sua copertina, un messaggio che potete trovare anche nei film di Steven Spielberg, i cui coraggiosi uomini qualunque ci dilettano nel rovesciare le aspettative e nel porre domande scomode.
     Soprattutto, Star Trek solitamente ritrae eroi che sono solo circa dieci volte più talentuosi, nobili ed eroici delle persone normali, trionfando attraverso la cooperazione e l'astuzia piuttosto che a causa di una divina grandezza ereditaria trascendente. I personaggi che ottengono poteri divini sono soggetti a una attenta sorveglianza. In altre parole, Star Trek è l'archetipo del sogno americano, al quale si giunge grazie alle nozioni del miglioramento umano e di un progresso che innalza tutto. La visione di Gene Roddenberry ama gli eroi, ma rompe nettamente con la tradizione elitaria di principi e maghi che governano per diritto divino o mistico.
     Al contrario, questi sono i soli eroi nell'universo di Star Wars.
     Certo, alle volte Star Trek potrà sembrare predicatorio, o troppo politicamente corretto. Ad esempio, ogni specie deve sposarsi con ogni altra, scendendo a compromessi con l'abbandono istintivo. I soli eroi maschili ai quali è consentito usare il testosterone sono i Klingon, poiché la diversità culturale ha un peso specifico superiore alla correttezza sessuale (in altre parole è OK per loro essere dei macho perché è quella la loro natura). Gli episodi televisivi di Star Trek spesso sfociavano nella soap opera. Molti dei film erano scritti male. Ciononostante, Trek cerca di aggrapparsi a tematiche autentiche, dando complessità anche ai suoi cattivi e ponendo domande ardue sulle trappole nelle quali possiamo cadere avviandoci a tentoni verso il nostro domani. Ad ogni modo, quando si tratta di ritrarre il destino umano, dove preferireste vivere supponendo che siate normali cittadini e non semidei? Nella Federazione di Roddenberry? O nell'Impero di Lucas?
     Lucas difende la sua visione elitaria, dicendo al New York Times, "È più o meno per questo che dico che un despota illuminato è il sovrano ideale. In effetti può ottenere che le cose siano fatte. L'idea che il potere corrompe è molto vera e solo un uomo speciale può uscirne integro".
     In altre parole una figura regale o un semidio, consacrato dal destino (come un regista miliardario?).
     Lucas dice spesso che noi siamo una cultura triste, priva della fiducia e dell'ispirazione che i leader forti possono dare. E tuttavia, non siamo la stessa cultura che ha prodotto George Lucas e gli ha dato così tante opportunità? La stessa società che ha allevato tutti quegli abilissimi esperti in modo che lui li potesse ingaggiare, gente possentemente creativa che riversa sia l'ispirazione individuale che l'abilità cooperativa nei suoi film? Una cultura che sfida il vecchio impulso omogeneizzante venerando l'eccentricità, con una fame del diverso, del nuovo, dello strano che non ha precedenti? In che modo si può dire che questa civiltà manchi di fiducia?
     Stando ai dati della Storia, tutti i despoti esistiti, riuniti, non sono mai riusciti ad ottenere che le cose fossero fatte proprio come questa chiassosa, auto-critica civiltà di cittadini liberi e sovrani, che si sono finalmente liberati dal venerare una classe di dominatori e hanno iniziato a pensare con la loro testa. La democrazia può alle volte sembrare frustrante e caotica, ma paga.
     Detto tutto questo, lasciatemi ancora riconoscere che Star Wars si rifà a un archetipo antico e profondamente umano. Coloro che ascoltarono Omero recitare l'Iliade accanto a un fuoco da campo conobbero grande narrativa. Achille può uccidere mille nemici con un gesto del braccio —così come Darth Vader ne assassina miliardi premendo un bottone— ma nessuna di quelle vittime conta qualcosa nella saga personale del Grande Individuo. Le vittime sterminate sono semplici servi; comparse, senza famiglie o speranze per cui preoccuparsi mentre vengono fatti a pezzi. Portatori di lancia. Soltanto la storia personale del semidio è importante.
     Perciò alcuni protestano per l'apoteosi di Darth Vader —cioè Anakin Skywalker— ne Il ritorno dello Jedi.
     Per metterci nella giusta prospettiva, immaginiamoci che gli Stati Uniti e i loro alleati fossero riusciti a catturare Adolf Hitler alla fine della Seconda Guerra Mondiale, mettendolo sotto processo per crimini di guerra. Il procedimento va avanti per mesi ad elencare tutti gli orrori compiuti su suo comando. Poi arriva il turno dell'avvocato difensore che si alza ed esclama una sola frase:
     "Ma, vostro onore, Adolf ha salvato la vita di suo figlio!"
     Accidenti! I pubblici ministeri sbiancano di mortificazione: "Non lo sapevamo! Naturalmente tutti i capi d'accusa devono essere respinti in blocco!".
     Gli alleati allora fanno una grande parata per Hitler per le strade di Norimberga.
     Può suonare folle, ma è esattamente la lezione impartita da Il ritorno dello Jedi, durante il quale a Darth Vader sono perdonati tutti i crimini perché ha salvato la vita di suo figlio.
     Quanti di noi si sono interrogati a tarda notte sull'enigma filosofico: "Torneresti indietro nel tempo per uccidere Hitler da bambino, se ne avessi la possibilità?". È un rompicapo morale genuino, con molte risposte possibili. Tuttavia la maggior parte della gente, qualunque sia la risposta finale, ammette di essere almeno tentata di dire sì, se non altro per salvare milioni di vittime di Hitler.
     Eppure, in The Phantom Menace, Lucas pretende che noi ci infiammiamo di caldi sentimenti per un bambino bello e biondo che più tardi crescerà e ucciderà l'equivalente di molte volte la popolazione terrestre? Già che ci siamo, perché non tirar fuori l'album di famiglia di Hitler, cosicché possiamo cantare la ninnananna sulle foto dell'adorabile piccolo Adolf e meravigliarci davanti alle sue prodezze infantili? Anche lui era innocente finché non si volse al "Lato Oscuro", quindi lasciateci adorare pure lui!
     Stando a Lucas, egli non cerca di scusare questo macabro gioco dicendo che "è soltanto un film". Anzi, presenta la sua saga come una tragedia greca travagliata degna dell'Edipo Re, la storia epica di un eroe caduto, intrappolato tra hubris (sic, ndDC) e fato. Ma se ciò fosse vero, a quest'ora Star Wars non dovrebbe averci dato una visione del Lato Oscuro che non fosse solo caricaturale? Eroi e malvagi non si distinguerebbero solo per la leggiadria esteriore; le incertezze morali non proverrebbero solo dal repertorio dei fumetti.
     Non mandatela giù alla leggera: l'apoteosi di un assassino di massa è esattamente quello che sembra. Dovremmo trovarla agghiacciante.
     Ricordate la scena finale de Il ritorno dello Jedi, quando Luke fissa un fuoco per vedere Obi-Wan, Yoda e Vader, che sorridono tra le fiamme? Mi trovo a sperare che sia l'Inferno Jedi, visto l'ammontare di sofferenza che quei tre hanno dispensato alla galassia e le maledette bugie che hanno raccontato. Ma è colpa mia: sono un ribelle contro Omero e Achille e tutta quella tradizione. Nel cuore anche alcuni di voi lo sono.
     Non è solo una distinzione estemporanea. Segna il principale confine tra la fantascienza vera, letteraria, umanistica —o fantascienza speculativa— e molta della "sci-fi" cinematografica odierna.
     La differenza non riguarda davvero la complessità, la puerilità, l'approssimazione scientifica o la boriosa stilizzazione della prosa. Io amo una buona scena d'azione proprio come lo spettatore seduto accanto a me, e posso perdonare gaffe tecniche se la storia è bella da morire! I film di Robert Zemeckis godono di tutto, dal rock'n'roll ad alcuni paradossi scientifici profondi, alimentando sia la mente del bambino che quella dell'adulto. D'altro canto, storie noir come Gattaca e Il 13° piano danno sapore a una stilizzazione dark mentre esplorano idee reali. La fantascienza di qualità ha estensione di tono.
     No, la differenza di fondo è che una tradizione si compiace delle elite, mentre l'altra si ribella contro di loro. Nella visione del mondo della fantascienza genuina ai semidei non si perdonano tanto facilmente bugie e assassini. Il disprezzo per le masse è fuori moda. Possono esserci eroi —anche grandi— ma sulla lunga distanza noi miglioriamo tutti insieme, o non miglioriamo affatto.
     Quel tipo di mito certamente vende. Eppure, anche dopo esserci ribellati contro la tradizione omerica per generazioni, noi figli di Pericle, Benjamin Franklin e H.G. Wells, rimaniamo una minoranza. Tanto che Lucas può appropriarsi dei traslati e dei simboli che abbiamo creato con le nostre mani —le nostre amate astronavi e i robot— per i suoi fini e venir accreditato per l'originalità.
     Come ho detto in precedenza, la mitologia della conformità e della venerazione dei semidei pervade i più alti livelli dell'odierna intellighenzia e aiuta a spiegare perché così tanti professori di letteratura inglese postmoderna disprezzano la vera fantascienza. Quando Joseph Campbell prescrisse che gli scrittori devono aderire servilmente a uno schema di trama stereotipato che ha predicato la sottomissione per secoli, fu trattato come una celebrità da Bill Moyers e innumerevoli altri per il suo appassionato e indistinto "intuito umano".
     In effetti, le sue intuizioni erano compassionevoli e illuminanti! Tuttavia, un dibattito o una discussione franca sarebbero stati più utili dell'arioso monologo di Campbell. Come nell'antica favola sul re biondo, nessuno ha osato puntare il dito verso l'ombra oscura del luminoso sovrano, o la sua lunga scia di orme insanguinate.
     Ammetto che fronteggiamo una battaglia tutta in salita cercando di guadagnare gente ad una visione del mondo più progressista ed egualitaria, con i suoi sogni entusiasmanti che focalizzano eroi e problemi autentici, non semidei. Intanto, Lucas sa che i suoi miti hanno un forte ascendente sulla natura umana ad un livello molto profondo ed antico.
     Diavolo, hanno ascendente persino su parte della mia natura! Ecco perché sapevo che avrei ceduto andando a vedere La minaccia fantasma dopo che il mio simbolico boicottaggio di una settimana fosse terminato. Infatti, lasciatemi confessare che ho adorato il secondo film della serie, L'Impero colpisce ancora. A dispetto dello pseudo-zen kitsch di Yoda, uno poteva facilmente sospendere l'incredulità e aspettare di vedere cosa la filosofia Jedi avesse da dire. A milioni furono incastrati nell'attesa di scoprire, alla fine, dopo molto, perché Obi-Wan e Yoda avessero mentito come donnole a Luke Skywalker. Per il momento, la sceneggiatura friggeva di originalità, buon dialogo e personaggi inesorabilmente accattivanti. L'azione era dinamite e… persino logica! Alla gente qualsiasi erano date quasi le stesse possibilità di eroismo dei semidei. I cliché erano pochi e abbondavano terribili sorprese. C'erano raffinate prefigurazioni, che promettevano altre meraviglie nei sequel. Era semplicemente un grande film. Omerico ma grandioso.
     Sapete già cosa penso di ciò che accadde dopo. Ma il culto di Darth Vader scalfisce solo la superficie del problema. Il maggior difetto morale nell'universo di Star Wars è un punto che Lucas sottolinea senza sosta, attraverso la voce del suo personaggio-tutta-saggezza, Yoda.
     Vediamo se lo colgo bene: la paura ti rende adirato e l'ira ti rende malvagio, giusto?
     Ora, concedo al massimo che la paura sia stata un grande incentivo all'intolleranza nella storia umana. Posso figurarmi adepti simili a cavalieri ai quali viene insegnato a controllare paura e ira, come vediamo in maniera credibile ne L'Impero colpisce ancora. La calma ti rende un guerriero migliore e previene gli errori. Una collera permanente può obnubilare il retto giudizio. Questa parte è del tutto credibile.
     Ma poi, ne Il ritorno dello Jedi, Lucas prende questa saggezza di base e la perverte, dicendo "se ti adiri —anche nei confronti dell'ingiustizia e dell'assassinio— ciò ti trasformerà automaticamente e immediatamente in una persona integralmente malvagia! Tutte le tue opinioni e convinzioni politiche si rovesceranno improvvisamente e magicamente. Ogni lealtà sarà abbandonata e i tuoi amici non saranno in grado di riportarti indietro. Ti unirai all'istante al tuo nemico giurato come suo più intimo amico e allievo. Tutto perché ti sei lasciato adirare per i suoi crimini".
     Cosa? Si può ripeterlo di nuovo, lentamente?
     In altre parole, adirarsi con Adolf Hitler porterebbe a precipitarsi a iscriversi al partito nazista? Scusami, George: potresti portarmi un singolo esempio che ciò sia avvenuto? Almeno uno?
     Questo assunto è, in se stesso, piuttosto malvagio da predicare. Soprattutto è palesemente un'idiozia.
     Solleva una domanda alla quale qualcuno avrebbe dovuto rispondere molto tempo fa: "chi diavolo ha investito George Lucas del sacro diritto di predicare questa moralità scema, da pop-corn ai nostri figli? Se è "solo un film" perché lui si ostina così tanto a farcire i suoi con queste cagate (sic, ndDC)?"
     Penso sia giunta l'ora di scegliere, gente. Questa saga non è solo un'altra espressione dell'archetipo omerico, che celebra vecchie gerarchie di principi, maghi e semidei. Mettendo al proprio centro l'esaltazione romantica di un assassino di massa, Star Wars è sprofondato ben più in basso. È indegno della nostra attenzione, del nostro entusiasmo, della nostra civiltà.
     Lucas stesso ci dà un indizio quando dice: Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana…
     Ben detto. Star Wars appartiene al nostro passato oscuro. Una lunga epoca tirannica di paura, irrazionalità, dispotismo e demagogia che i nostri antenati lottarono disperatamente per superare, e dalla quale noi stiamo alla fine riuscendo ad emergere, aiutati dallo spirito scientifico ed egualitario che Lucas scopertamente disprezza. Uno spirito che dobbiamo incoraggiare nei nostri figli, se è dato loro avere una qualche possibilità.
     Io non mi aspetto di portare al successo questo ragionamento tanto presto. Come Joseph Campbell giustamente puntualizzò, i modi dei nostri antenati sono legati alla nostra anima con una risonanza che molti trovano romanticamente attraente, persino irresistibile. Alcuni non riescono a deporre la favola e a fare un passo verso un alimento della mente più maturo. Non ancora, almeno. Oh bene.
     Ma sulla distanza, la Storia è dalla mia parte. Perché il corso del destino umano non verrà deciso nel passato. Verrà deciso nel nostro futuro.
     Così la penso, anche se riguarda davvero tutti voi. Tutti noi.
     Il futuro è dove i posteri prospereranno.

     salon.com | 15 giugno 1999

L'arroganza di David Brin contro il buonsenso dei fan di Star Wars

     Perché Brin porta avanti una campagna (superficiale) di odio nei confronti di George Lucas affermando sciocchezze anziché dedicarsi a migliorare i propri libri?

di Cloud City, 24 marzo 2001

     "Non c'è persona più obnubilata dall'odio di una persona ignorante ed invidiosa che si atteggia a colta e razionale" -- Cloud City (marzo 2001)

     • Fatti suoi, signor Brin.








     • No, in Star Wars le cose sono molto più sfumate di quel che crede lei.

     • Questa semplificazione è volgarissima, falsa e ignominiosa. Non è certo un messaggio facilone di questo tipo che Star Wars propone, e milioni di persone lo sanno. La saga non è un filmone pirotecnico dove si scaricano le frustrazioni della vita. Spiacenti, signor Brin, lei ha visto qualcos'altro.



















     • Qui ha inizio la criminalizzazione dell'opera di Lucas.

     • L'idiozia e la malafede di questa affermazione sono palesi per chiunque abbia visto con sguardo onesto i film della saga. Non merita commenti.



• La stessa saga in cui c'è la democraticissima e coraggiosa Alleanza ribelle?



• Non servono commenti. È persino offensivo negarlo, tanto è evidente la calunnia.


• Falsità spudorata numero tre.


• E via blaterando.


• Ci torneremo più avanti...





     • Superficialmente simili solo a chi si ferma alla presenza delle astronavi sullo schermo, come potrebbe fare un anziano a digiuno di narrativa fantastica.



     • Se valesse la pena discutere con D.Brin potremmo cercare di spiegargli il valore paradigmatico dei personaggi "spoudaioi", coturnati, superiori alla gente comune. La loro gloria e la loro caduta destano meraviglia e hanno valore esemplare per tutti gli uomini.
     • Il disprezzo per le masse può essere stato coltivato da civiltà che si avvalevano di questi schemi narrativi, ma non è affatto detto che debba essere così anche per noi.










     • Ecco la solita paura di parlare di cultura.























     • Non valeva la pena che si scomodasse, signor Brin.
     • Nessuna elite: ci sono uomini comuni chiamati, sì, dal destino, ma umili per capacità ed intenti. Luke permarrà sempre nel dubbio di essere un vero Jedi, dubbio trasmesso a noi spettatori; Leia non lo sarà mai; Han Solo rimarrà l'irridente anarcoide dal cuore d'oro. È un universo di antieroi democratici libertari.
     • Non si deve sempre aderire a quello schema. Semplicemente, le storie che ritraggono la parabola dell'eroe sono quelle che maggiormente parlano della condizione umana.
     • Divertente... l'imitazione dei classici, o quantomeno il "rifarsi a loro" in senso lato è universalmente considerato motivo di pregio. Ma no, non è così, ci dice il redentore culturale delle masse, il sapientissimo Brin.
     • C'è del vero nelle parole dello scrittore, certo; peccato che le sue conclusioni siano sproporzionate e grottesche, e i suoi attacchi a Star Wars demenziali e calunniosi.




     • Nulla di male. I filoni culturali possono e debbono coesistere senza criminalizzazioni.
     • Retorico, e del tutto irrelato a Star Wars. Che diamine di colpa ha la saga lucasiana in tutto ciò? Essere mitologica? Siamo seri!


     • Non serve l'animosità di Brin a dimostrare quello che i più svegli sanno bene, cioè che la fantascienza è nel nostro secolo benemerita, è una corrente giovane e preziosa. Ma perché questo deve tradursi nell'assassinio della tradizione umanistico-mitologica?







     • Certamente, la fantascienza può e deve riscrivere le storie da un altro punto di vista. A patto di non deprimere del tutto la poeticità.



     • Che, detto per inciso, è uno dei pilastri della cultura occidentale.

     • Infatti alcune verità umane eterne esistono eccome. La natura umana ha delle costanti. La favola saggiamente le immortala. Certa fantascienza miope, che vuole negarle per spirito ribellistico e anarchico, come Brin, finisce solo per coprirsi di ridicolo e per non parlare più di ciò che gli uomini davvero sono. Finisce per essere speculazione del tutto "aliena" al cuore dell'uomo.
     • Ottime opere, quelle citate: fantascienza costruttiva.

     • Ecco una delle più madornali bestemmie culturali di D.Brin. Anche qui commentare l'enormità di questa sciocchezza è inutile. Rimandiamo a "L'eroe tragico", in questo sito.
     • Si chiama catarsi, signor Brin, e anche il test Voigt-Kampff di Blade Runner ne è debitore. Dia una ripassata senza i paraocchi.


     • In parte è certamente vero, ma messo in questi termini da fondamentalista è riduttivo e ingeneroso verso la cultura antica.




     • Coraggiose storie "ribelli", stimolanti riscritture nell'ottica fantascientifica che potrebbero proficuamente affiancarsi ai miti antichi, ma come semplice divertissement; non sostituirli, signor Brin. Non sostituirli. Possono coesistere. Cancellare le radici culturali della nostra civiltà ci porterebbe ad annullarci. E poi che senso avrebbe stravolgere una leggenda, un mito, a meno di non volerne fare una parodia?

     • Ed è benemerito, purché non compia —come lei auspica lungo tutto questo articolo— un parricidio culturale nei confronti del passato.









     • Non facciamo la morale a Lucas. L'uomo e l'opera non coincidono. E poi George Lucas non ci pare proprio un antidemocratico. Ricordiamoci che la disciplina della e nella democrazia può apparire molto meno libertaria di una sconsiderata partitocrazia allo sbando o della stessa anarchia.







     • Questo per dire che le idee contenute in Star Wars dannose lo sono, vero?







     • Un terribile programma, una grande macchinazione per instillare nelle menti la soggezione verso un tiranno!




     • Ci risiamo. Solo l'ignoranza e l'inesperienza possono far ritenere la saga di SW e le serie trek simili, persino a prima vista.
     • D. Brin si copre di ridicolo e tradisce la sua scarsa sensibilità umanistica e culturale quando elenca quella che sarebbe la differenza più immediata. Astronavi grandi o piccole? Ma stiamo scherzando?
     • Il rapporto con la tecnologia, invece, è un tema sul quale si può lavorare per evidenziare differenze autentiche.
     • Gli altri elementi non sono affatto delle prerogative esclusive di Star Trek: forse in Star Wars non c'è l'educazione? 25.000 anni di Vecchia Repubblica pacifica non bastano come istituzioni positive? Proprio qui Brin mette un piede in fallo e tradisce la sua ignoranza della saga lucasiana.
     • Ridicolo poi che Brin, preso nel suo odio anti-Lucas, tenti di spacciare per disfattismo verso tutte le istituzioni quella che in Star Wars anche i bambini sanno essere l'eroica lotta contro una tirannide. Davvero SW ritrae tutte le istituzioni come malvagie? Strano, milioni di persone non se n'erano accorte. Meno male che c'è Brin a dirci queste cose.






     • Non è affatto così che si configura la lotta in SW. L'identità di Vader e Luke è ignota a tutti. Nessuno "sceglie" altro che la libertà o la tirannia, e l'Alleanza è del tutto democratica. Il resto è frutto della maldestra mistificazione criminalizzatrice operata da Brin.

     • Quanta falsità. E Han Solo che appare un poco di buono? E Yoda che sembra un umile folletto? E il senatore Palpatine che sembra onesto? E Vader che si rivelerà Anakin? Uno dei grandi insegnamenti jedi è quello di non giudicare dalle apparenze, e lo vedrebbe se la smettesse di calunniare alla cieca e guardasse i film di cui parla. I coraggiosi "uomini qualunque" di Spielberg sono rappresentazioni dei Giusti biblici, i quali altro non sono che degli eroi. Anche la visione spielberghiana è a suo modo mitica. Spielberg e Lucas sono due alter ego. Quanto agli occhi rossi... Thrawn non esiste, è expanded universe.
     • Han Solo è forse un semidio, un principe o anche solo un jedi? E tutti gli altri eroi dell'Alleanza? Mon Mothma, Ackbar, Wedge, Biggs? Sono semidei o piuttosto quegli uomini normali che vuole Brin?
     • SW, invece, è la sintesi del sogno universale.





     • Non sarà invece che Brin è il solo ad essere così poco documentato sull'opera che tanto s'affanna a calunniare?











     • Con che diritto chi cassa Omero e Sofocle può parlare di tematiche "autentiche"? Chi stabilisce cosa è autentico per l'essere umano e cosa non lo è?
     • Per quanto concerne la complessità dei cattivi basti un nome: Darth Vader. Quando Star Trek avrà fatto anche solo la metà ne riparleremo.

     • È un gioco di ruolo? Siamo seri.








     • Sicuramente meglio George Lucas dello spocchioso David Brin.






     • Potere dell'invidia...











     • Peccato soltanto che non esista vera democrazia, al giorno d'oggi. Neppure negli USA.


     • Ma tutto ciò cosa c'entra con Star Wars?



     • A parte la faccenda dei bottoni, che al limite sono premuti da Tarkin, Brin mostra ancora di conoscere poco l'argomento: Vader non solo non è protagonista della distruzione di Alderaan ma disapprova lo "strapotere tecnologico" della Morte Nera. Qualcuno parlava di complessità dei personaggi, ma sorvoliamo.
     • La tragedia di Alderaan coinvolge mondi e sistemi, accelerando il processo di liberazione dall'oppressore.

     • Sono semplicemente una minoranza di ottusi, categoria che la grande civiltà moderna amata da Brin non ha ancora estinto.












     • Che si sia finalmente trovato l'anello di congiunzione tra l'uomo e la scimmia? Se questo è ciò che narra Star Wars per Vader allora parliamo due lingue diverse. Comunque, nel nostro vocabolario, esiste il "Perdono", simbolico, pregnante. Non solo: se Brin capisse qualcosa di miti cercheremmo di spiegargli che Vader ha anche distrutto il Male cosmico incarnato in Palpatine, e ha liberato la galassia.



     • Questo è vero: tutti noi democratici lo faremmo. Oppure, caso estremo —più estremo ancora dell'assassinio— tenteremmo di comprendere e curare i traumi psicologici che affliggono l'infante, onde impedirgli di trasformarsi in mostro.








     • Cattivo gusto, il suo, signor Brin.









     • Voleva forse scrivere "hybris"?


     • Sarà caricaturale per lei, che ci ha dato ampia prova di non conoscere a fondo l'argomento e in generale di oscillare fra travisamento e calunnia.


     • Ormai i suoi sproloqui non attaccano più.







     • Contento lei...



     • Perfetto. Star Wars non è né l'una né l'altra.
     • Ma eviti di usare il termine "umanistico" chi ha detto così tante bestemmie culturali!














     • Può dire tutto quello che vuole, ma Star Wars resta una lotta contro la tirannide; è questo che racconta. Se lo fa con degli eroi si pone semplicemente nel solco della mitologia mondiale. • Sul perdono e la redenzione è inutile mettere muro contro muro la nostra visione letteraria e favolistica e la sua, da tribunale.






     • Vuole che le vengano pagati i diritti?
     • Suona tanto come lo sfogo di un frustrato invidioso.







     • Non "devono": lo fanno per un processo creativo inconscio.













     • Siccome tutti gli uomini sono uguali gettiamo al vento le favole e i miti. Eccoli i sottoprodotti della cultura scientista, ecco cosa capita quando l'ideologia ammazza il pensiero e la storia della cultura. Brin ne è un esempio tragicomico







     • Davvero?















     • Una battuta da incorniciare. Brin è l'unico al mondo a usare "omerico" come un insulto o una critica.






     • È perfettamente vero e condivisibile.

     • Siamo d'accordo. Un essere umano deve provare paura, così come anche collera e dolore. L'importante è disciplinare queste passioni per non diventarne schiavi, impedendo loro di prendere il sopravvento sulla nostra facoltà raziocinante. Siamo nel campo delle antiche filosofie epicurea e stoica, monumenti del passato che ancora parlano alla coscienza di noi moderni, purché siamo disposti ad ascoltarne e comprenderne il messaggio.
     • La perverte? E allora che dire dello stravolgimento dello spirito della saga che emerge dalle sue righe demenziali?


     • Non diciamo sciocchezze. Le cose non stanno così. Brin le porta all'esasperazione, ne fa una caricatura grottesca. E in ogni caso si parla di personaggi fuori dal comune, di Jedi. Non si parla dell'etica dell'uomo comune ma dell'etica di coloro che usano la Forza. Resta valido il valore simbolico, sì, ma va ridimensionato.


     • Qualche volta, tanto per variatio, citiamo anche Stalin, che non fa male.

     • Non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.

     • Ma di cosa sta parlando, signor Brin? Di quello che lei fa dire a Lucas?




     • No comment.

     • La sua volgarità si commenta da sola.

     • Grazie di aver riconosciuto —benché da un punto di vista allucinato e ridicolo— proprio ciò che interessa qui a noi. Siamo fieri che Star Wars si ponga nel solco dei classici.
     • Certo, più in basso di Omero, che notoriamente è un abisso di squallore. Come no.
     • Bene, leggiamo i suoi romanzi, signor Brin.



     • Brin, invece, appartiene al nostro oscuro presente, quello di gente che non riesce a ragionare in termini religiosi, poetici, letterari, umanistici insomma; non capisce le metafore, le allegorie, l'etica religiosa o filosofica. Viva gli antichi.








     • Cercando con tutte le proprie forze di sradicare la tradizione culturale e di estirpare la favola dal cuore dell'uomo, Brin produce danni di gran lunga superiori a quelli che tenta di arginare.
     • Che la Storia sia con lei, signor Brin! Demenziale.

     • Questa sì è una morale da pop-corn, una morale da "dolcetti della fortuna" come talvolta si è detto contro SW, questa sì è vuota retorica.




     Considerazioni di Fiorenzo Delle Rupi:

     1) Star Wars elitarista vs. Star Trek populista

     Chi tira fuori argomenti di questo tipo inizia già col piede sbagliato. Allora, vediamo di capire: da un lato abbiamo una serie ambientata esclusivamente in un mondo militare, dove i protagonisti sono ufficiali della flotta stellare fulgidi ed eroici, ma anche goliardici e buontemponi tra loro, che esaltano la potenza e la lungimiranza della loro Federazione, i cui drammi esistenziali più profondi consistono nel violare o meno le leggi e le direttive militari che li governano. In tale serie gli umani veri sono i soli personaggi "approfonditi" (anche se di vero approfondimento non possiamo parlare), mentre gli alieni sono macchiette caricaturali con una sola caratteristica umana portata all'eccesso (i Klingon sono aggressivi, i Vulcaniani razionali, i Ferengi avidi, i Cardassiani infidi, ecc. ecc.).
     Dall'altro abbiamo dei poveracci di ogni provenienza, storia passata e caratteristiche —nettamente diversi tra loro in tutto— che lottano per abbattere un regime dittatoriale. Ripetiamo, per i sordi e per i Brin: lottano per abbattere l'Impero, che non è il protagonista-modello. Il militarismo in SW è esecrato, ridicolizzato, condannato come arma senza speranza dal lato "buono" dei Ribelli, e come macchina inutile, contorta e a volte perfino grottesca dal lato degli Imperiali!
     Certa gente invece di boicottarli i film dovrebbe guardarseli bene.

     2) I semidei

     Due volte l'esimio genio della critica D.Brin tira in ballo Darth Vader paragonandolo a Hitler: "è come se Hitler venisse perdonato perché ha fatto questo e quest'altro" o "voi tifereste per Hitler se..." e così via. Abbiamo una rivelazione sconvolgente da fare a mr. Brin: Lucas non ha voluto fare un film storico. Se fosse stato questo il suo fine, non ci avrebbe messo gli alieni, i droidi, le galassie lontane lontane e la Forza. Ha voluto creare un ciclo fantastico: mitologico, fantasy, forse con un pochino di SF (così anche i romanzieri d'assalto sono contenti!); ma gli intenti restano dichiaratamente mitologici.
     Ora, pretendere di analizzare un'opera mitologica con gli stessi parametri degli eventi storici è una mossa totalmente stupida. Se il signor Brin leggesse qualche saggio sui fumetti Disney, probabilmente, di fronte alla figura comica/allegorica di Paperone e della sua proverbiale avarizia, se ne uscirebbe indignato con una frase del tipo: "Ma secondo voi sarebbe plausibile che qualcuno accumulasse tanto denaro contante in un unico edificio: pensate che il governo glielo permetterebbe? Inoltre è profondamente diseducativo! Viva la letteratura proletaria!".
Sorpresa, sorpresa, signor Brin: le opere mitologiche, non servono per analizzare o per trasporre nella vita reale le situazioni di cui parlano. Le opere mitologiche hanno la funzione, per loro stessa natura, di dare volto e corpo ai sentimenti, le emozioni e le pulsioni che governano il cuore e la mente dell'uomo, che sono le stesse da sempre. Ritroviamo i temi dell'Iliade, dell'Odissea, del ciclo bretone in Star Wars non perché Lucas sia un nostalgico elitarista, ma perché queste opere (insieme a diverse altre centinaia) fanno tutte riferimento a quella matrice comune che è la natura umana: gli archetipi che lei disprezza tanto non sono altro che maschere date a quei sentimenti di base che costruiscono tanto la mia giornata media quanto la storia del mondo: amore, odio, speranza, disperazione, dubbio, serenità, potere, dolore. E, me lo si lasci dire, ben vengano —ora e sempre— storie che siano basate su queste tematiche: saprò sempre che parlano un po' anche di me e di chi mi circonda.
     Rifuggo invece da quelle storie che, in nome di innovazioni e tabulae rasae, si proclamano scevre da simili tematiche: sarebbero scritte in linguaggio alieno, non mi rappresenterebbero niente e non mi interesserebbe minimamente ascoltarle, vederle o leggerle — e ho la sensazione che i libri di Brin, per sua stessa ammissione, rientrino in questa categoria.
     Quando Darth Vader nel corso dei tre film passa da carnefice interplanetario a padre redento morente, non mi interessa il conteggio di quanti soldati ribelli ha massacrato: mi interessa vedere l'evoluzione dalla disperazione alla speranza, dal vuoto del cinismo all'ammissione d'affetto, dalla sottomissione cieca e violenta al riscatto altruistico e sacrificale. Quando Luke salta nel condotto di Cloud City, non sto a vedere se è plausibile che il condotto d'aria lo risucchi o meno, che l'antenna possa essere là sotto a fermarlo oppure no. Guardo molte altre cose: l'innocenza e la speranza della gioventù infrante dalla crudezza dell'età adulta, il crollo delle illusioni e degli ideali; e oltre a quelli la caparbietà di continuare ad aggrapparvisi, di rifiutare il compromesso col male anche se questo si dimostra vincitore, la volontà di andare fino in fondo, anche al suicidio, pur di continuare a credere in ciò che si credeva e di non scendere a compromessi; e ancora guardo che effetto imprevedibile suscita questo in chi il male lo professava e lo abbracciava, credendo che il suo abbraccio fosse irresistibile, per poi ricevere davanti ai propri occhi la dimostrazione del contrario.
     Lei, signor Brin, probabilmente ci vedrà solo un semidio vestito da nazista che lotta con un eroe dotato di superpoteri. Ma non sa cosa si perde.



«ben vengano —ora e sempre— storie basate
su queste tematiche: saprò sempre che parlano
un po' anche di me e di chi mi circonda»







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