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E se il cinema cominciasse con Star Wars?

di Roy Menarini


     Il bello di Guerre Stellari e dei suoi seguiti, o dei suoi antefatti, è che si possono interpretare in decine di modi diversi. Si può leggere la Trilogia come una fantasia rigogliosa partorita da un nuovo Ariosto; si può immaginare la saga come un monumento al post-moderno o come il corrispettivo contemporaneo dei miti della civiltà antica. Si può azzardare una lettura politica, tanto che alla fine degli anni '70 in molti si provarono a dimostrare che il film di Lucas era di destra, mentre la fantascienza per solito dovrebbe essere di sinistra (dimenticando che l'entità dei miti e degli eroi è difficilmente proletaria). Insomma, la storia di Guerre Stellari è fatta prima di tutto di spettatori, ognuno dei quali ha trovato il suo percorso nei film: ideologico, esoterico, mistico, soggettivo, capzioso, fazioso, immaginario.
     Non sono molti, invece, coloro che hanno pensato a un'eventuale metafora della realtà odierna, scorgendo riferimenti e agganci alla quotidianità. E come si sarebbe potuto? In fondo, il sostrato della Trilogia è solo casualmente connesso all'umanità, la maggior parte del testo essendo nutrito di suggestioni zoologiche, interplanetarie, persino fuori dal tempo che conosciamo, nel profondo futuro o forse nel passato di un universo parallelo. Eppure, qualcosa di contingente, nel flusso di fantasia lucasiano, c'era e c'è tuttora. Si chiama cinema, se per cinema non intendiamo la solita ricerca parossistica dei prestiti e delle fonti di Guerre Stellari. Già lo sappiamo che Lucas ha immesso Ford e Kurosawa, Corman e Méliès, Errol Flynn e David Lean nella sua personale fantasmagoria. Non ricordiamo, invece, che il suo exploit è intimamente collegato alla presenza "fisica" della sala cinematografica. Poco importa che più tardi, per molte generazioni, Guerre Stellari sia diventato soprattutto una videocassetta consumata finoalla nausea. La conquista degli spettatori è passata anche attraverso il valore aggiunto del "meraviglioso" nella sala cinematografica (1).
     Il dolby-stereo multipista, il sonoro mantenuto a livelli assordanti, il 70 millimetri (dove c'era), il coinvolgimento psicosensoriale del pubblico ha contato come e più del film stesso (2). E del resto ci si trovava, in quello scorcio di anni '70, in un momento nel quale il cinema statunitense si andava riorganizzando dopo la sonora batosta del decennio precedente, quando la produzione indipendente e la crisi economico-ideologica avevano scosso dalle fondamenta il sistema hollywoodiano. Come del resto era accaduto negli anni '50, alcuni giovani sperimentatori del cinema d'intrattenimento pensarono a caricare la "sala" di nuove attrattive, finendo con l'estendere la forma film a un prodotto multimediale da cui non ci si stacca più. Non è con Guerre Stellari che nasce il merchandising (magliette, pupazzi, spille e gavettoni) ma è con esso che si afferma come sistema imprescindibile. Negli anni '50 il circuito drive-in con le attrattive erotico-sentimentali tante volte raccontate con nostalgia dallo stesso cinema americano, oppure i tentativi fatti col 3-D, o ancora il technicolor e lo schermo panoramico, riuscirono solo per breve tempo a battere la concorrenza televisiva.

     La Trilogia di Lucas riconquista il mercato anche grazie al fatto che niente in TV o nei videogiochi poteva in quel momento competere con il film, "quel" film, al cinema. Niente avrebbe potuto sostituire il suono dolby delle spade laser, e nulla sarebbe stato in grado di offrire le stesse emozioni di una battaglia volante al centro di un enorme bosco fatato. Ecco perché Lucas è stato il più attento cineasta della New Hollywood, di quel gruppo di sbarbati cineasti che prendevano il cinema come un gioco e il gioco come un affare tremendamente serio. Duro da digerire per i puristi dell'impegno, questo concetto: Lucas ritornava alle origini del cinema, ritrascinava le folle del cinema primitivo, quello delle fiere e dei baracconi, laddove si erano stancate di andare pur di vedersi i talk-show o i telefilm polizieschi. Certo, si dice spesso che con Lucas, prima ancora che con Kubrick, il cinema d'autore e il cinema popolare si sono dati appuntamento per mai più distinguersi nettamente.
     Eppure, fatta salva l'evidente cultura inclusiva di Lucas, le letture seriose e psicanalitiche di Star Wars sono sempre apparse un po' fuori luogo, quasi preoccupate di nobilitare quella materia pulsante che tanto (troppo?) aveva divertito gli spettatori. E quando l'istituzione o la cultura hanno cercato di nobilitare il cinema, arte popolare per eccellenza, hanno spesso preso fischi per fiaschi.
     Per di più, Lucas è una persona attenta e sensibile ai mutamenti della tecnologia. Proprio per questo, e non solo per meri scopi commerciali, ha celebrato il ventennale dell'inizio della saga con una versione riarrangiata e digitalmente rassodata della Trilogia. Le Star Wars rinnovate hanno travolto i botteghini e hanno decretato una volta per tutte che il cinema deve fare i conti con un dato ineluttabile. Ogni film, al di là della paternità e delle giuste leggi di garanzia dei copyright, sarà rimaneggiabile all'infinito grazie alle nuove tecnologie computerizzate. Questo significa che il film che vediamo oggi potrebbe non essere lo stesso che vedremo domani, e che quello che abbiamo visto ieri potrebbe non essere più lo stesso che ricordiamo con nostalgia e gratitudine (3). Questioni complesse, che coinvolgono il problema del restauro e la definizione stessa di cinema, e soprattutto di "film", ovvero di "pellicola". Tra poco, forse già con Episode 2, il cinema farà a meno del supporto di celluloide, e verrà proiettato via satellite o via hard disk in linguaggio numerico. La videocamera digitale sostituirà la macchina da presa, e le "pizze" verrano destinate alle cineteche passando direttamente il testimone ai supporti di compressione dati.
     Incuriosisce molto che proprio Lucas, ancora una volta, si faccia alfiere della rivoluzione tecnologica. Ci troviamo di fronte a un regista che di volta in volta sceglie un periodo storico per imporre la legge dell'intrattenimento, laddove per intrattenimento si intenda la promessa di qualcosa di "unico" nella forma come nella sostanza. Se Star Wars verrà ricordato (anche, ndDC) per il trionfo della sala e del suo potere onirico e spettacolare, la nuova trilogia potrebbe finire nei libri di storia come il simbolo del nuovo cambiamento epocale.
     Ciò non toglie che ci sarà sempre (probabilmente) una ritualità e una collettività del vedere film, e una completa libertà interpretativa di fronte a storie in fondo così atemporali, mitologiche, leggendarie come quelle inventate da Lucas.
     Paradossalmente, è proprio nei film di questo regista che si nasconde oggi la reale indipendenza poetica. In mezzo alla propaganda pubblicitaria, tra un pupazzo di Darth Maul e un adesivo di Anakin Skywalker, scoviamo un cineasta che, per il semplice fatto di aver dimostrato che i propri gusti coincidono con quelli del mondo intero, ha oggi il più completo controllo sul suo prodotto e la più invidiabile carta bianca quanto a scelte estetiche e strategie narrative.
     Tempo fa, con acume, Enrico Ghezzi notava come in fondo Star Wars contenesse cose imbarazzanti e le facesse passare con la massima sempicità: due barattoli di ferro che dialogano fra loro, attori vestiti come nell'antica Roma che si combattono con spade fosforescenti, ecc. Ciò dimostra il potere del cinema e delle sue storie. Forse il miracolo non si ripeterà, ma quanto sono stati ridicoli, loro sì, gli imitatori!


     Apparso su "Guida completa a Star Wars: da Guerre Stellari a La Minaccia Fantasma", Falsopiano, 1999





     Note:

(1) Ciò è vero solo in parte. È indubbio che il valore aggiunto del "tempio" cinematografico, la sala-santuario dove si celebra il rito della Visione, sia stato importantissimo a quel tempo per imprimere Star Wars nell'immaginario collettivo. Tuttavia non si tratta di una condizione necessaria e sufficiente — non fu solo grazie ad essa che l'opera fu amata. Chi scrive, e ha creato questo sito, in effetti mancò di poco l'opportunità di godere la folgorante novità del primo film di Lucas al cinema, nel '77, e dovette accontentarsi di scoprirne le meraviglie pochi anni dopo in televisione, su un TV color che riduceva drasticamente l'impatto spettacolare, complici anche le interruzioni pubblicitarie; nonostante ciò, la fascinazione che promanava dal film era assolutamente intatta, la sua capacità di stregare e trasportare in un altrove senza ritorno era la stessa; o non sarei qui a scrivere di Star Wars come dell'opera della mia vita, non sarei qui a dedicarvi tante risorse. Il "culto" di Star Wars può nascere anche fuori dal "tempio" (Nd Davide Canavero).
(2) Non possiamo essere d'accordo su quella che suona come una effettiva svalutazione del film, la sua riduzione a muro di suono e immagine che si abbatte sullo spettatore. Se in Star Wars il contenitore avesse contato più del contenuto, oggi —con l'evoluzione tecnologica e l'attuale concorrenza in fatto di effetti spettacolari— non saremmo più qui a parlarne. Se Star Wars si è imposto sulla distanza è stato per la sua anima (Nd Davide Canavero).
(3) Novità assoluta? Niente affatto. L'instabilità formale era propria già dei testi antichi, che non avevano quasi mai una edizione critica unica e uguale ovunque. Il testo veniva copiato, e ogni copia conteneva delle piccole differenze. Già al tempo della prima diffusione scritta dei poemi omerici si vennero a produrre tante versioni, una per ogni città-stato. Una cosa è certa, il testo fissato dagli antichi non è più esattamente lo stesso che noi leggiamo nelle edizioni moderne. Niente di nuovo sotto il sole, dunque, se il tanto malvisto e snobbato Lucas ci ricorda che l'Opera è per definizione una realtà viva e mutabile (Nd Davide Canavero).





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