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Jar Jar Binks: uno specchio tra le stelle

di Lorenzo Frati


     Jar Jar Binks, il buffo e maldestro alieno che accompagna Obi Wan Kenobi e Qui Gon Jinn nella loro avventura in Episodio I, è stato certamente il meno amato ed il più criticato, sia dai fans vecchi e nuovi sia dalla stampa specializzata. Fin dalla prima uscita di Episodio I Jar Jar ha ricevuto quasi ovunque critiche massacranti, e in alcuni casi sono state rivolte perfino accuse di razzismo al regista Lucas.

     C'è chi ha notato, infatti, che i Gungans ricordano troppo da vicino, ed in maniera offensiva, gli indigeni stupidi e sgrammaticati dei vecchi film di Tarzan interpretati da Johnny Weismuller, e che il personaggio di Jar Jar non è altro che il "comic relief", l'intermezzo comico che si usava una volta per alleggerire la tensione e intrattenere, tipico di un modo di fare cinema ingenuo e superato.

     Vera la prima affermazione, falsa la seconda.

     I Gungans sono davvero la trasposizione in chiave futuristica degli indigeni dei film degli anni '40, ma ciò non deve stupire: Star Wars è un'opera che è fondata sul riciclaggio di vecchi clichè, basti pensare al "cowboy" Han Solo, o al "Mago Merlino" Obi Wan Kenobi di Episodio IV, o al "gangster" Jabba The Hutt.

     Tutto ciò è pensato per divertire lo spettatore ed appassionarlo, con la veste nuova con cui questi elementi vengono riproposti, piuttosto che per indignarlo: la citazione è omaggiare, non rivangare vecchi rancori, ed un rimando agli anni 30-40 va pertanto visto in quest'ottica.

     Jar Jar è invece molto più che un semplice comic relief. Non è infatti possibile relegare il personaggio al ruolo di "spalla" o "macchietta", ruoli che di solito narrativamente conferiscono un po' di colore alla storia ma nulla più; si tratta invece di un vero co-protagonista, dal momento che il suo impatto sulla storia va ben oltre il semplice intrattenimento comico.

     Lucas tratta il personaggio con molto affetto, basti pensare che a Jar Jar è stato riservato il grandissimo onore di introdurre uno dei personaggi più amati di tutti i tempi: R2-D2 (il nostro C1-P8, per i fans di vecchia data), che il Gungan saluta con il suo "Hello boyos!" quando, rinchiuso da un non molto cortese Obi Wan nella saletta dove trova posto la rastrelliera degli astrodroidi sulla nave della Regina, se lo trova davanti insieme ai suoi "colleghi".

     Pensateci: è la prima volta che R2-D2 compare nella saga.

     E questo è niente: in Episodio II il Delegato Jar Jar, supplendo la mancanza in Senato di Padmè, leader del Movimento Pacifista, si rende responsabile addirittura dell'approvazione della creazione dell'Esecito della Repubblica, proponendo l'assegnazione dei poteri speciali al Cancelliere Supremo Palpatine. L'esercito segnerà l'inizio nientemeno che della Guerra dei Cloni, l'evento più atteso da ogni fan della saga.

     Ricordiamoci anche che in Episodio I:

     1. Jar Jar ha condotto i Jedi alla città di Otoh Gunga, dove hanno reperito il sottomarino che ha permesso loro di arrivare a Theed, la capitale, in tempo per liberare la Regina.

     2. Jar Jar ha (involontariamente) infastidito Sebulba, fornendo ad Anakin la possibilità di stringere amicizia con Qui Gon.

     3. Si deve alla menzione della grandiosità dell'armata Gungan, fatta da Jar Jar alla Regina Amidala, la riconciliazione delle due opposte fazioni di Naboo, che hanno consentito, col loro diversivo, di porre fine all'embargo attuato dalla Federazione dei Mercanti.

     L'impatto del personaggio sulla storia è troppo incisivo per poterlo considerare un semplice ed inutile elemento di contorno.

     Star Wars è un racconto "corale" nel quale la vita del protagonista Anakin, la cui caduta e resurrezione costituiscono il tema portante, incrocia e compenetra molte altre vite, ciascuna delle quali rappresenta un diverso punto di vista dell'universo narrativo in cui esistono.

     Attraverso Jar Jar Lucas ci dice che non è necessario essere potenti Jedi o spietati Sith, e nemmeno addestratissimi cacciatori di taglie corazzati o contrabbandieri o avventurieri che si giocano il tutto per tutto ogni giorno con totale sprezzo del pericolo per avere peso nel suo universo.

     Jar Jar rappresenta la parte umile della Galassia: coloro che per propria natura e/o condizione sociale sono puri di cuore, semplici, ma anche amici fidati ed incorruttibili.

     La sua è l'innocenza di un bambino, e questo non perché Jar Jar sia un bambino troppo cresciuto, ma perché la sua natura non è intaccata dalle pericolose tentazioni che un numero troppo alto di Midichlorian può indurre, e la sua condizione sociale lo ha fatto crescere lontano dalla corruzione che gli sporchi giochi di potere della vita civilizzata inducono negli altolocati rappresentanti della Repubblica.

     In Episodio II vediamo come questa sua innocenza sia una vera manna dal cielo per chi sa come sfruttarla: se da un lato infatti il Delegato Jar Jar può ben rappresentare un modello di politico ideale, che si prodiga per il bene comune e si erge ad esempio vivente di onestà, dall'altro la facilità di manipolazione di un soggetto così ingenuo rappresenta un caso più unico che raro, le cui possibiltà di sfruttamento non sfuggono ad un maestro di trame oscure quale è Palpatine.

     È difficile dire quanto, nel secondo film della saga, l'inserimento di Jar Jar nell'ambiente politico sia dovuto a esigenze di trama piuttosto che al pesante attenuamento al quale il personaggio è stato sottoposto (complice, forse, un Lucas influenzato dalle massicce critiche ricevute per le scelte operate nel precedente "La Minaccia Fantasma"), nondimeno la scelta si rivela felice sotto tutti i punti di vista.

     Il personaggio è quasi totalmente assente dal film, e quando è presente lo è in maniera meno appariscente di quanto ci si potrebbe aspettare, a beneficio di tutti i fan che non lo hanno gradito.

     Imponente rimane però la portata delle sue azioni: se in Episodio I aveva suggerito (seppur incosciamente) la soluzione alla regina Amidala, favorendo così la riunione di Gungans e Naboo, in Episodio II Jar Jar (sempre inconsciamente) favorisce l'ascesa di Palpatine al potere, convinto di agire per il bene comune ma in realtà pedina di quest'ultimo.

     È proprio sull'ingenuità di Jar Jar che Lucas ha giocato per giustificare la clamorosa scelta di creare un esercito da parte di una repubblica che ha conosciuto unicamente pace per oltre un millennio, e l'inserimento del gungan nel podio flottante rappresentativo del sistema di Naboo, a fianco della Senatrice Amidala, rappresenta la naturale conseguenza/premio per le azioni diplomatiche compiute dal personaggio in Episodio I.

     Indipendentemente dai motivi che l'hanno generato, quindi, il passaggio di ruolo appare del tutto indolore, coerente e azzeccato.

     L'incoscienza con la quale Jar Jar, di episodio in episodio, compie passi che si rivelano determinanti per la storia è una delle caratteristiche più evidenti dell'agire della Forza: generata da tutte le creature viventi raggiunge i suoi scopi attraverso ognuna di esse, anche la più umile.

     Non è difficile credere che anche Episodio III riserverà qualcosa di importante per questo personaggio.

     Comicità d'altri tempi

     Jar Jar è una figura malinconica, doppiamente emarginata in quanto rifiutato dai suoi simili e snobbato dagli altri; questa condizione, la sua goffaggine ed il modo buffo di camminare rappresentano un tentativo di rivisitazione moderna (pur con tutti i limiti) dei grandi comici del passato.

     Da Stan Laurel a Charlie Chaplin a Jerry Lewis, tutti i personaggi comici sono sempre stati caratterizzati da una camminata buffa, un vero biglietto da visita, e tutti hanno sempre avuto problemi ad integrarsi col mondo che li circonda, soprattutto a causa della loro maldestria.

     Anche se a volte la comicità può essere fatta di piccole cose (spesso bastano le loro buffe espressioni a creare momenti di grande divertimento) solitamente la loro goffaggine provoca una serie di disastri a ripetizione, che convolgono (sarebbe più appropriato dire "travolgono") tutto ciò che compare nella scena; cose e persone.

     È il caso, questo, soprattutto di Jerry Lewis, il grande comico americano famoso per l'esagerazione che spesso e volentieri caratterizza i suoi film e che è sempre voluta, secondo il motto che è sempre meglio fare troppo piuttosto che troppo poco.

     Questo è vero, in quanto è dalla rappresentazione estremizzata di noi stessi che scaturisce la comicità: il comico rappresenta ed esorcizza le nostre paure nell'affrontare la quotidianità dell'esistenza, e i mille problemi che superiamo per adeguarci agli schemi della società.

     Il rapporto comico/mondo esterno è eternamente conflittuale. Egli non riesce ad adattarsi, ed il risultato dei suoi tentativi è disastroso in due sensi: il comico subisce il mondo esterno, con i suoi problemi che sembrano sovrastarlo irrimediabilmente, e il mondo esterno subisce i danni provocati dai suoi errori.

     A livello inconscio, il pubblico prova un certo "sollievo" nel vedere un altro, e non sé stessi, in queste situazioni esasperate, ma allo stesso tempo si riconosce nella goffaggine del comico: questo è, più o meno, il meccanismo che produce la risata.

     Il comico è in eterno conflitto con il modo esterno, non vi si adatta e non può adattarvisi: è a questa caratteristica che il personaggio di Jar Jar si rifà, e a quel modo di far ridere ormai demodè (non per tutti) che caratterizzava i comici di cui sopra.

     La condizione di emarginazione, peraltro duplice, del personaggio, fortifica questa convinzione.

     I personaggi di Chaplin o Lewis sono anch'essi degli emarginati, in un modo o nell'altro. La loro sincera ingenuità di fronte ai mali del mondo li pone in condizione o di essere ignorati o di essere sfruttati, ma mai perfettamente integrati (Chaplin col suo "vagabondo" fornì un modello insuperato ed insuperabile di questi "eroi perdenti" che fanno ridere e commuovere allo stesso tempo).

     Lungi dal voler paragonare anche solo minimamente Jar Jar a questi mostri sacri, dei quali non è nemmeno l'ombra, è però evidente la matrice dalla quale il personaggio è scaturito, così come evidenti sono gli schemi da esso seguiti.

     Innanzitutto la condizione sociale: il comico è solitamente una persona comune, non ricca né altolocata, nel quale il pubblico si può facilmente immedesimare. Sono, infatti, i problemi quotidiani, quelli con i quali abbiamo tutti a che fare, che una volta portati sullo schermo ci fanno ridere.

     Jar Jar non è una persona importante, nè potente, nè saggia: la sua disarmante ingenuità segue di pari passo la sua condizione sociale estremamente umile (Qui Gon lo definisce sbrigativamente un "indigeno"), indicando subito che il personaggio si troverà fuoriposto e a disagio ovunque, come poi effettivamente avviene.

     Segue poi un modus operandi già visto e collaudato: In virtù dell'assunto che il comico è fonte di guai per chi o per qualunque cosa gli stia intorno, un espediente noto e sfruttato nel cinema del genere è quello di dichiarare che un oggetto ha un certo valore, o comunque che non deve assolutamente essere toccato, e poi mettergli vicino il comico.

     Il pubblico comincia a ridere ancora prima che egli abbia fatto qualcosa, perché sa bene che, non potendo il comico esimersi dal compiere disastri, di li a poco l'oggetto in questione farà una brutta fine.

     Infatti, non appena il nostro "eroe" si avvicina all'oggetto, è impossibile non mormorare un "oh, noo!" mentre, senza accorgerci, abbiamo iniziato spontaneamente a ridere: il meccanismo comico è già scattato.

     È lo stesso schema che troviamo nella bottega di Watto, dove Qui Gon intima a Jar Jar di non toccare nulla, e poi vediamo quest'ultimo avvicinarsi ad un droide riparatore disattivato e guardarlo con curiosità.

     Può Jar Jar resistere dal metterci le mani? Ovviamente no: nel pieno rispetto dello schema comico Jar Jar attiva inavvertitamente il droide, perdendo subito il controllo della situazione. I due metteranno a soqquadro mezza bottega prima che Jar Jar riesca ad acchiapparlo.

     Lo schema si ripete nella scena in cui Anakin mette in guardia Jar Jar sulla pericolosità del raggio degli accoppiatori di energia del suo podracer: Jar Jar deve necessariamente toccare quel raggio.

     Episodio I è disseminato di gags come queste, dove Jar Jar tenta continuamente di rifarsi agli schemi classici della comicità (per la verità non con molto successo), a volte anche con vere e proprie citazioni: la scena in cui si aggrappa al carro da battaglia gungan provocando l'apertura del portello posteriore e la fuoriuscita di una dozzina di bombe che rotolano giù per la discesa travolgendo le droidi-armate è un'idea presa da un cortometraggio di Buster keaton, nel quale il grande comico aggrappandosi ad un carro faceva rotolare delle botti.

     Chiaramente tutta questa esuberanza è un po' fuori luogo in un'opera come Star Wars, che è più tragedia e avventura, nella quale siamo più abituati all'ironia di Han Solo, o alla simpatia di C3-P0 e R2-D2, piuttosto che all'esuberanza di Jar Jar, e questo ha indotto a sottovalutare il personaggio.

     Fortunatamente, ed in perfetto accordo con l'abitudine di Lucas di sorprenderci, il personaggio è qualcosa di più.

     Guardarsi allo specchio

     Spesso il comico è anche l'emblema dell'emarginato, di coloro che non riescono a farsi accettare dagli altri o che da questi vengono ignorati ed isolati.

     In un'intervista, l'attore Amhed Best, colui che dà la voce e le movenze al personaggio digitale di Jar Jar, ha dichiarato che chiunque di noi ricorda certamente un periodo nella sua adolescenza in cui non riusciva ad integrarsi in nessun gruppo, e di come questo possa farci sentire in sintonia con il suo personaggio.

     Essendo un Gungan Jar Jar è rifiutato dagli umani e dalle altre specie perché ritenuto un indigeno senza cervello, una "patetica forma di vita", come dice Kenobi, condizione che egli condivide con il resto della sua specie; vittime del pregiudizio.

     Come se non bastasse, Jar Jar è rifiutato anche dai propri simili, a causa della sua goffaggine oltremisura, i quali arrivano perfino a bandirlo dalla comunità, esasperati dai continui guai che combina.

     L'ironia triste della situazione balza subito all'occhio. I Gungans, considerati nulla più che selvaggi ed abbandonanti a sé stessi nel loro auto-isolamento si rendono colpevoli dello stesso errore di cui sono vittime: l'emarginazione.

     Per di più nei confronti di un soggetto che non solo è loro consanguineo, ma che non si è macchiato di alcun crimine.

     I Gungans scendono quindi al livello di coloro che li hanno emarginati, rei di non saper apprendere la lezione che ogni giorno scontano sulla loro stessa squamata pelle: l'errore nel discriminare i diversi; anche quando, nel caso di un loro simile, la diversità consiste solo in un po' di goffaggine.

     Ma non è tutto: Jar Jar è sgradito ovunque, persino ai fans di Star Wars, dove la cadute di tono delle quali si rende colpevole, nonché la sua generale esuberanza sono quasi intollerabili in una saga dove capaci guerrieri, saggi maestri o spregiudicati avventurieri dovrebbero essere i protagonisti assoluti.

     La sua emarginazione diventa quindi triplice: Jar Jar è rifiutato dai suoi simili, dal resto della Repubblica e anche dal pubblico in sala.

     L'essere fuori posto ovunque diventa allora l'essenza stessa del personaggio, la cui condizione di emarginato oltrepassa lo schermo e coinvolge il pubblico in sala in un gioco di specchi davvero sottile e istruttivo.

     Il passaggio (poco intuitivo forse, ma non per questo artificioso) è che noi stessi disprezzandolo diventiamo colpevoli quanto i personaggi del film.

     Lo spettatore sprezzante diventa infatti, come l'Obi Wan dello schermo, colpevole di pregiudizio, incapace di tollerare la presenza di un personaggio la cui unica "colpa" è di essere diverso dalle eleganti e sublimi icone delle quali la saga è composta.

     Ma non è finita: il pubblico in sala dimentica che Jar Jar, in quanto comico, è l'elemento che lo rappresenta, essendo il comico la rappresentazione della parte di noi più fallibile ed umana; colui che porta in scena non virtuose gesta eroiche, ma qualcosa che più si avvicina al nostro quotidiano.

     Jar Jar è più di ogni altra cosa la trasposizione di noi stessi nell'universo di Star Wars, perché il comico è la trasposizione sul grande schermo della nostra imperfezione: se lo disprezziamo condanniamo la nostra fallibilità, dal quale nessuno di noi è immune (ma che ci rende unici), dimostrando, tra l'altro, di non saper sorridere di noi stessi.

     Il pubblico diviene allora contemporaneamente colpevole e vittima, emarginatore ed emarginato; esattamente come i Gungans, che fanno a Jar Jar ciò che Naboo e la Repubblica hanno fatto a loro.

     L'elemento comic relief viene ripreso dal passato cinematografico e riproposto sotto una luce nuova: quella della tolleranza.

     Lucas prende un elemento potenzialmente discriminabile e lo eleva a co-protagonista annullando la differenza di livello tra costui e gli eroi principali della storia, donadogli un ruolo rilevante nella stessa.

     L'atteggiamento del regista è una sfida per il pubblico, il quale, se non sta più che attento rischia di cadere nel tranello tesogli.

     Non vi inganni la presenza di un personaggio come Jar Jar, che evoca pellicole di tempi in cui i razzismo si faceva davvero sentire sul grande schermo: è stata voluta da Lucas con ben altri intenti.

     La figura dell'eroe è per sua stessa natura inarrivabile, rappresentando il modello supremo delle virtù umane, di chi supera prove impossibili con coraggio, forza o astuzia, riuscendo là dove l'uomo comune fallisce e andando là dove all'uomo comune non è concesso andare, se non come compagno di viaggio dell'eroe.

     È per questo che ogni favola o mito ha al suo interno personaggi minori, che sbagliano e si rendono simpaticamente ridicoli, guadagnandosi la nostra simpatia soprattutto per la capacità che possiedono di incarnare la nostra umanissima goffaggine.

     Compagni di viaggio che seguono l'eroe nella sua avventura, proprio come faremmo noi, e che diventano i nostri compagni di viaggio: assumendo il ruolo che la nostra imperfezione assumerebbe all'interno della storia ci prendono per mano per portarci con loro nel viaggio dell'eroe.

     Nondimeno sono personaggi fondamentali anch'essi, poiché spesso il loro aiuto si rivela fondamentale per il successo dell'eroe, che prima di ogni altra cosa deve essere un eroe della solidarietà e della tolleranza, vincendo i pregiudizi esattamente come vince i mostri ed i pericoli che affronta.

     Questo è il valore aggiunto da Jar Jar Binks alla saga: la goffaggine del personaggio apre un varco nella solennità della narrazione per permettere alla persona comune, che egli rappresenta, di trovarvi posto, dicendoci che non serve essere potenti Jedi o malvagi Sith per avere un peso nella storia.

     La goffaggine, intesa anche come semplice assenza di buone maniere a tavola, riporta l'atmosfera ad una dimensione più terra-terra e, pertanto, genuina.

     Si noti, infatti, come in Star Wars anche i personaggi che per estrazione sociale dovrebbero avere modi di fare e di parlare decisamente più grossolani mostrino invece un'eleganza nel parlare e nelle maniere assolutamente fuori luogo, se non fosse per la volontà di Lucas di riproporre un certo tipo di rappresentazione (teatrale) ormai datato, seppur bellissimo.

     L'esempio più evidente è la madre di Anakin: benchè schiava, Shmi Skywalker possiede un'eleganza nel parlare, e in generale in ogni suo gesto, da fare invidia ad una nobildonna inglese; davvero improbabile (anche se, a voler ben vedere, non conosciamo nulla delle origini di Shmi).

     Si avverte quindi la necessità di un personaggio che abbassi un po' il tono e, possibilmente, strappi qualche risata (in questo, invero, il tentativo sembra in po' infelice, anche se i bambini più piccoli hanno gradito Jar Jar, che più che altro era destinato a loro), e qui il gungan assume davvero il compito di comic relief, anche se è solo un aspetto minore del personaggio.

     È vero che tutto ciò è stato fatto esagerando un poco, considerando che Jar Jar è colpevole di due o tre cadute di tono nell'arco del film che davvero sono difficili da perdonare (sia per l'eleganza di Episodio I in sé sia per il fatto che Star Wars è la saga più famosa e amata di tutti i tempi e merita un livello più serio di rappresentazione), ma sono comunque riconoscibili le buone intenzioni dell'autore.

     Se si guarda con attenzione, Episodio I lancia un forte messaggio di tolleranza, in perfetta linea con la dottrina della Forza, a dispetto di tutte le accuse di razzismo malignamente (o solo ingenuamente) rivolte a Lucas.

     Tolto il velo della superbia, lo spettatore può facilmente rendersi conto di tutto quanto c'è di buono in questo personaggio: a dispetto della sua ingenuità e della sua goffaggine Jar Jar nasconde valori assolutamente da non disprezzare. Il Gungan è un puro di cuore che cerca sempre e solo di aiutare gli altri; vuole solo essere accettato dai suoi amici e cerca di fare del suo meglio per conseguire questo risultato.

     Non tutti hanno come obiettivo la salvezza l'universo: per alcuni la sfida più grande è vincere il pregiudizio altrui ed essere accettati.

     Onore al comico, quindi, che tra una risata e l'altra porta sullo schermo anche un briciolo di riflessione; a patto di una visione meno semplicistica.

     Gli attori comici sono spesso sottovalutati da chi ritiene, erroneamente, che un'interpretazione drammatica sia più difficile di una comica; costoro dimenticano che in realtà è più facile fare il serio che far ridere. Molti grandi attori comici (anche i più recenti e sottovalutati come Jim Carrey) hanno puntualmente dimostrato di avere ottimi doti interpretative anche in ruoli drammatici.

     Quest'ottica di rivalutazione è la stessa nella quale deve essere vista l'intera saga di Star Wars, la quale sembra "solo" fantascienza, e come tale è spesso bollata con superficialità dai più, ma che in realtà nasconde valori ed argomentazioni degni di opere ben più "serie".

     Due parole su Naboo

     Il meraviglioso contrasto col quale il pianeta Naboo si presenta allo spettatore all'inizio del film è indubbiamente una degli elementi più validi di Episodio I.

     Il pianeta che risplende di bellezza come una gemma nello spazio e contemporaneamente è sede di qualcosa di così orribile come il pregiudizio è un'immagine forte, originale e ben riuscita: da un lato i Nubiani, autentici snob che sembrano curarsi unicamente della loro arte, ricercata in tutto dai palazzi alle astronavi; dall'altro i Gungans, esseri brutti e bizzarri, che vivono "letteralmente" in una sfera di cristallo, auto-isolandosi dal mondo esterno.

     I Gungans pagano maggiormente questo andazzo, perché l'emarginazione è dovuta al disinteresse dei Naboo nei loro confronti piuttosto che il contrario.

     "I Naboo credese alles furbos! Creder lor cerebro so big!" (Boss Nass)

     Loro sarebbero veramente lieti di essere considerati alla pari dai loro vicini di casa: non chiedono altro, come dimostreranno poi, e in fondo non chiedono molto.

     Il loro orgoglio tuttavia li spinge nella direzione opposta, assecondando questo stato di cose.

     In una galassia con miliardi di razze differenti che convivono insieme, tali sentimenti presentano un'arretrezza di idee inconciliabile sia con la bellezza di Naboo, sia col rapporto che lega ogni sistema col resto della galassia.

     Il cerchio simbiotico che lega Nubiani e Gungans è stato per molto tempo ignorato o addirittura negato: si rende necessaria la rottura di un cerchio più grande, quello che unisce il pianeta alla Repubblica, per riscoprire il valore del primo.

     Naboo è soprattutto un monito per tutti noi. L'emarginazione o il pregiudizio non sono "minacce fantasma" di epoche passate: sono qui, sotto i nostri occhi tutti i giorni, nascosti dalla bellezza con la quale ci circondiamo, la quale non può, e non deve, ofuscare la nostra vista.







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