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Anakin, uno di noi

La nuova trilogia e l’evoluzione del personaggio

di Lorenzo Frati


     Gli episodi I e II della Nuova Trilogia di Star Wars ci hanno regalato un approfondimento di notevole valore della figura di Anakin Skywalker, vero protagonista di questa “esalogia” spaziale.
     La Trilogia Classica ce lo presentava dopo la sua trasformazione; il suo passaggio al Lato Oscuro della Forza era già avvenuto, e non ci era dato sapere cosa lo avesse spinto su quella strada: era il "cattivo" del film e basta, anche se la sua imponenza e il suo look ne hanno fatto uno dei cattivi più amati della storia del cinema! Sapevamo che provava odio nei confronti di Obi-Wan, suo antico maestro e che un non meglio specificato evento ne aveva provocato la trasformazione da Cavaliere Jedi a Oscuro Signore dei Sith.
     Lo stesso Obi-Wan diceva a Luke che suo padre “si volse al male” e “fu sedotto dal Lato Oscuro della Forza ”, ma senza mai chiarire cosa lo avesse indotto a seguire quella strada. Questo poteva erroneamente indurre a pensare, soprattutto nell’ Episodio IV, alla figura di Darth Vader come a uno stereotipo, un’icona classica della narrativa superficiale, dove il buono e il cattivo sono dati per scontati, senza che debbano essere chiarite le motivazioni dei loro comportamenti.
     Quando ci si trova davanti a tali personaggi, si usa dire che essi sono “bidimensionali”, intendendo con questo che non hanno uno “spessore”, cioè una profondità di contenuti nella loro rappresentazione che li avvalori dal punto di vista della credibilità.
     Ma in Anakin / Vader c’era molto di più sotto la terrificante maschera nera e lo si intuiva chiaramente. Il suo aspetto (un’armatura di sostegno vitale con respiratore artificiale, molto suggestiva), la sua conversione al bene nell’ultimo episodio e le tante allusioni al passato che caratterizzavano la Trilogia Classica lasciavano supporre che questo personaggio avesse molto da raccontare.

     La nuova trilogia che Lucas si appresta a completare con Episodio III conferma ogni supposizione e fa di Anakin il protagonista assoluto, non più il cattivo di complemento ma il filo conduttore di sei film che ne narrano l’esistenza, dall’infanzia fino alla morte. E il potenziale del personaggio che ne emerge è impressionante.
     L’Anakin che ci viene presentato è credibile e umano, una figura tragica caratterizzata dal potere enorme che possiede e dalle libertà che gli sono negate.
     Non è libero di aiutare sua madre: le rigide regole dell’ordine dei Jedi aborriscono i legami a tutto ciò che è terreno, un ascetismo totale, che impone il distacco persino dalle emozioni; e l’attaccamento a sua madre (che “purtroppo” è già sviluppato in lui, come vediamo nello splendido Episodio I) rappresenta per i Jedi solo un ostacolo al suo apprendistato.
     Non è libero di farsi una famiglia: le stesse regole gli impediscono di legarsi in matrimonio con Padme, il suo primo ed unico amore, se non tenendolo nascosto (ma per quanto ci riusciranno?).
     Non è libero di agire: Obi-Wan lo frena continuamente, usando una cautela estremamente frustrante, a volte umiliante, e forse non del tutto giustificata (a volte bisogna imparare a dare fiducia: l’allievo si sentirà lusingato e farà di tutto per non deludere il maestro).
     E non è nemmeno libero di sfogare la sua rabbia, i cui eccessi potrebbero portarlo al Lato Oscuro, essendo costretto a controllarsi sempre, con una calma autoimposta e per questo dannosa (la rabbia repressa a lungo è una bomba a tempo!).
      Sembra incredibile ma il più grande “Force-user” della galassia non è nemmeno libero di lasciarsi andare a una sfuriata! Anakin, che può fare ogni cosa, anche gettarsi in caduta libera nell’ipertraffico multilivellare di Coruscant, non può vivere come vuole, non può avere cose che per chiunque altro sono scontate e banali.
      Il troppo potere è una maledizione per chi lo possiede? È il potere a possedere lui? Fa riflettere questo “potere” con due facce, che promette imprese meravigliose da un lato, ma che esige in cambio, dall’altro, un pagamento assai cospicuo, come il mettere da parte la nostra felicità in favore dei nostri doveri.
     Il lato luminoso della Forza è un cammino difficile, praticabile solo da persone mature e umili. E qui Anakin assomiglia fin troppo alle persone reali: la retta via richiede umiltà e sappiamo bene come potere ed umiltà convivano difficilmente nella stessa persona. La superbia è sempre in agguato:

     “...ma in certi aspetti —in molti aspetti— sono davanti a lui

     dice Anakin in riferimento al suo maestro. È davvero dannosa per chiunque questa sicurezza di sé, soprattutto per chi ha il numero di midichlorian più alto mai riscontrato in una forma vivente.
     Ed è qui che si inizia ad amare Anakin, quando diventa credibile proprio perché è l’immagine di noi stessi: Anakin è uno di noi.

     Nessuno può veramente, completamente, essere potente ed umile allo stesso tempo, soprattutto se non ha l’età e la maturità dell’esperienza; e purtoppo Anakin sta crescendo in fretta. Troppo in fretta. Non è preparato al suo destino. Egli è sperduto: perfino Obi-Wan non è che il surrogato di un padre, un buon amico, certo, ma non una figura autorevole e capace come la condizione di Anakin richiederebbe.
     E il Cancelliere Supremo Palpatine lo avverte. Ecco allora la figura paterna che mancava farsi strada nella mente giovane e facilmente influenzabile del povero Anakin: il Cancelliere sembra accordargli stima e fiducia, lo lusinga, ma in realtà —essendo cosciente del potenziale del ragazzo— spera solo di usarlo a suo vantaggio. Anakin si trova solo a fronteggiare gli inganni e le macchinazioni che lo riguardano: non è libero nemmeno da quelli.
     Pochi anni prima Anakin si era liberato di quella trasmittente che impedisce ad ogni schiavo di scappare dal suo padrone, un dispositivo molto simile al “bullone di costrizione” che si applica ai droidi per garantirne il controllo (e che pone schiavi e droidi sullo stesso livello nella scala sociale dell’universo di Star Wars), solo per finire pochi anni dopo con un intero braccio artificiale, preludio alla perdita di umanità (sul piano fisico e su quello spirituale) che lo attende nel terzo capitolo. Non riesce, quindi, a liberarsi nemmeno dalla tecnologia, una maledizione che lo accompagna per tutta la sua vita.

     È nato schiavo, lontano dalla Repubblica e dall’indottrinamento precoce al quale i Jedi sottopongono le leve più giovani, ed ha quindi sviluppato una mente propria, non più plasmabile da essi. Questo fatto, unito al potenziale smisurato che possiede, spaventa i Jedi, che avvertono il pericolo latente che è in lui (incapaci di capire che il dolore del giovane per la separazione dalla madre ne sarà il catalizzatore) e lo guardano con sospetto: non è libero dai pregiudizi.
     E si noti il paradosso: Anakin nasce puro in un “covo di feccia” ai margini della galassia, e comincia a cambiare proprio quando incontra “i guardiani della pace e della giustizia” al centro della stessa. Padme è l’unica cosa buona per lui in una galassia in cui la sconcertante vastità non solo dei mondi e delle loro infrastrutture ma anche, ed in misura ancora maggiore, delle atrocità delle guerre e delle macchinazioni sembra inghiottire qualunque cosa.
     Padme è la voce della sua coscienza, il complemento al male che, dopo il massacro dei Tusken, si sta impossessando di lui. Egli stesso, su Naboo, le aveva già rivelato che la sua presenza lo rasserena. Basterà il suo calore a riscaldare il cuore infreddolito di questo povero ragazzo, che è impreparato e indifeso di fronte a un destino più grande di lui? La luce che emana dal viso di lei saprà rischiarare la sua strada verso la retta via o egli è destinato a precipitare nell’abisso del Lato Oscuro?
     Purtoppo conosciamo già la risposta: nessuno può sfuggire al proprio destino, e il giovane padawan è destinato alla dannazione, e il suo cammino sul sentiero oscuro è già cominciato.

     Dall’analisi delle osservazioni esposte, emerge chiaramente come la Nuova Trilogia stia giovando enormemente alla figura di Anakin, rendendoci testimoni della grande, tragica esperienza che è la vita di questo personaggio, così come la Trilogia Classica ci ha reso testimoni della grande avventura di Luke Skywalker.
     Il paradosso di essere potenzialmente il più potente di tutti e contemporaneamente il meno libero di gestire la propria esistenza ne arricchisce la figura, facendolo entrare di diritto nella schiera degli eroi potenti ma fragili, che tra tutti sono i più veri e sinceri perché sono simili a noi.
     Se pensiamo che Lucas non ha ancora finito di sviluppare questo personaggio, avendo in serbo per lui altre esperienze dolorose in Episodio III, possiamo capire facilmente come Anakin si appresti a diventare una delle figure più complete ed amate di questa grande “space-opera” che è Star Wars.
     Anakin poteva avere tutto, ed invece perderà tutto.
     E l’immagine del ragazzo che si lascia cadere nel vuoto a Coruscant con una grazia che quasi pare volare è destinata a tramutarsi tristemente in quella di un angelo caduto, le cui ali atrofizzate potranno essere sanate solo dall’ultimo amore rimasto: quello del figlio.
     Che la Forza sia con te Anakin, ne avrai bisogno.







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