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La Guerra delle stelle:
Il doppiaggio e l'adattamento italiano di Star Wars del '77


di Lorenzo Frati


     "La Guerre des étoiles": così fu tradotto Star Wars per la sua uscita nelle sale francesi nella seconda metà degli anni '70; per tutti, in Francia, Star Wars è da sempre "la Guerra delle Stelle". Così pure in Germania, con "Krieg der Sterne".

     Se fosse stato tradotto così in Italia, i fans più attenti sarebbero certamente insorti gridando allo scandalo: non solo "Wars" nella traduzione francese ha perso il plurale diventando "guerra", ma per di più "Star" da aggettivo (stellare) è diventato complemento di specificazione (di chi, di che cosa - delle stelle).

     Basta questa considerazione per vedere subito l'adattamento italiano, da molti criticato per alcune modifiche a nomi di personaggi ed eventi, sotto un'altra luce, e capire quanto in realtà siamo stati fortunati.

     Incuria e disattenzione sono sempre in agguato, soprattutto in un lavoro delicato quale l'adattamento di un'opera straniera, il quale comporta non solo la piena conoscenza dei termini e del loro significato, ma anche del variare di quest'ultimo secondo il contesto in cui i termini stessi vengono utilizzati.

     Una seconda considerazione è che un adattamento è, appunto, proprio questo: solo un adattamento, ossia un tentativo di tradurre il più fedelmente possibile i contenuti linguistici di un'opera straniera, trasmettendo invariato il messaggio originale.

     Essendo il testo basato su una serie di fattori propri della lingua madre come rime, assonanze, dissonanze, giochi di parole, modi di dire, l'essenza dell'opera originale non potrà mai essere resa al cento per cento: si otterrà sempre un'approssimazione; tanto più vicina all'originale quanto più competente e sensibile sarà stato il traduttore.

     L'adattamento italiano di quella che sarebbe diventata la saga fantascientifica più famosa della storia del cinema viene affidato nel 1977 a Mario Maldesi, un direttore del doppiaggio che nella sua lunga carriera può vantare l'adattamento di opere di registi quali Lumet, Schlesinger, Polanski, Kurosawa, Lelouche, Kubrick, solo per citarne alcuni, nonché realizzatore delle post-sincronizzazioni di opere di registi italiani come Antonioni, Visconti, Fellini, De Sica, Comencini, Monicelli, Pasolini; sempre per citarne alcuni.

     Il lavoro presenta subito delle difficoltà: ci si rende conto che non tutti i nomi originali risulteranno adatti ad un pubblico non anglofono.

     Siamo, infatti, negli anni '70, ancora lontani dalla rivoluzione di Internet, ed estranei a quel processo di inglobamento di termini anglosassoni che tanto caratterizza l'italiano odierno.

     L'inglese è ancora una lingua riservata a pochi "eletti", cioè coloro che lo masticano per lavoro: la maggior parte del pubblico è impreparata ai giochetti di assonanza ed alle pronunce che ora vedremo nel dettaglio.

     L'ADATTAMENTO: La scelta dei nomi

     Il protagonista principale, l'eroe attorno al quale ruota la vicenda, possiede fortunatamente un nome che può essere lasciato senza variazioni di sorta: Luke Skywalker suona davvero bene; troppo bello ed indovinato per azzardarsi a cambiarlo. Al pubblico italiano piacerà.

     Obi-Wan Kenobi, il vecchio e saggio mentore, è altrettanto adatto: non presenta difficoltà di pronuncia ed ha un fascino esotico che rende bene anche in italiano.

     La protagonista femminile Leia è meno fortunata: la pronuncia del nome suona un po' forzata alle nostre orecchie per via dello iato di tre vocali di fila del nome originale, le quali sortiscono un senso di incompiutezza, facendo desiderare la presenza di una consonante in più.

     Viene aggiunta una "l" per compensare tale mancanza, ottenendo "Leila": un nome dal suono più naturale e che si pronuncia con meno forzature, proprio perché supplisce a tale mancanza.

     L'antieroe Han Solo, diventa un più accessibile "Ian Solo", omettendo così quella "h" aspirata che il nome originale richiede di pronunciare; è una piccola modifica, ma che permette di pronunciare il nome in maniera più naturale.

     Il copilota del Millennium Falcon "Ciubaca", pronuncia originale di Chewbacca diviene invece, "Ciubecca".

     Il nome italiano consente di rendere il giochetto di troncatura "Chewie" (pron. "ciui"), nomignolo amichevole col quale Solo si rivolge al possente Wookiee, con un simpatico "Ciube", che se da un lato non consente di mantenere l'intraducibile gioco di parole (Chewie suonerebbe un po' come "masticoso", dal verbo "to chew", masticare), riesce perlomeno a trasmetterne la simpatia.

     La vera sfida, però, deve ancora arrivare: due dei personaggi più singolari della saga non possiedono un nome, bensì delle sigle.

     Ci Uno - Pi Otto o Artoo - Detoo?

     Spesso, quando ci si trova davanti a nomi inventati, è bene considerare le motivazioni che hanno portato l'autore ad operare scelte di un certo tipo, prima di intervenire con delle modifiche.

     Come ha creato Lucas i nomi originali dei due droidi? Le sigle R2-D2 e C-3P0, che oggi, grazie alla (o a causa della) nuova trilogia, sono diventate familiari anche a noi italiani, che origine hanno? C'è forse un significato particolare dietro questi nomi o sono piuttosto frutto del caso? La risposta dovrebbe essere scontata, soprattutto per Star Wars, dove nulla è mai lasciato al caso.

     Le sigle, in effetti, non significano nulla di particolare, ma la loro scelta non è casuale: Lucas le ha scelte per il loro suono. In particolare Artoo - Detoo (nome proprio ricavato da "Ar Too - Dee Too", pronuncia inglese di R2-D2, leggi: Ar Tiù - Di Tiù) viene scelto per l'assonanza "Artiù / Arthur": il nome vuole "umanizzare" un poco il simpatico robottino, sottolineando come Lucas lo consideri una spanna sopra gli altri droidi che popolano il film, elevandolo non solo a livello degli altri personaggi, ma addirittura a fulcro dell'intera vicenda (il droide porta, memorizzato nel suo sistema mnemonico, tutto lo schema tecnico della Morte Nera, il che lo rende fondamentale per gli scopi dell'alleanza ribelle, nonché pericolosissimo per l'Impero).

     See-Threepio (leggi: Si-Tripio) è invece solo una sigla che suona bene e risulta scorrevole quando il droide fa le sue pompose presentazioni: "I am See-Threepio, Human Cyborg Relations!".
     All'autore piace così, anche perché il sofisticato droide protocollare, che tanto si vanta delle sue capacità di comunicazione (parlare sei milioni di idiomi non è certo cosa da poco!), paradossalmente segna il passo rispetto al meno loquace, ma più empatico R2-D2, ben più capace di intendere sia gli umani, che le situazioni nelle quali si trovano.

     "C - 3PO", quindi, nella sua insipidità ci sottolinea come il droide, benché antropomorfo e dorato, non goda della stessa capacità di integrazione con gli umani, propria di "Arthur", il quale, come detto, si colloca su di un livello superiore.

     Quando Star Wars giunge in Italia sorge subito un problema: i nomi originali dei droidi, così ben risuonanti nel contesto inglese, non rendono altrettanto bene in italiano.

     Artiù - Ditiù non ha più alcuna valenza circa le intenzioni originarie di Lucas, in quanto l'assonanza con Arthur è inarrivabile per un pubblico non anglofono; anzi, il suono è talmente bizzarro da produrre confusione, più che simpatia.

     Ancora meno adatto sarebbe stato Erre Due - Di Due, che non rende assolutamente il tono di simpatia immediata che l'autore si era prefissato. "Arturo", che a voler ben vedere sarebbe la traduzione che meglio avrebbe rispettato il significato del nome, è (per fortuna!) impensabile.

     Allora che fare? Bisogna restare coerenti con l'idea originaria dell'autore (vale a dire trasmettere simpatia), e contemporaneamente cercare qualcosa di non troppo distante dall'universo fantascientifico ivi rappresentato.

     Soluzione: c'è quell'altra sigla C -3PO; con un po' di lavoro si può creare qualcosa in armonia con le intenzioni di Lucas partendo da quella.

     Ci - Trè suona più aspro rispetto all'originale inglese, ma ecco che basta cambiare un numero ed accostarlo alla prima lettera per avere qualcosa di totalmente diverso: Ciuno!

     Ciuno è perfetto: si adatta bene al personaggio (uno è il numero intero più piccolo, come "piccolo" è il nostro eroe), scorre come l'originale nella pronuncia ed è molto più simpatico di Erredue.

     Ma Ciuno - Piò suona troncato; manca ancora qualcosa: il nome dovrebbe essere leggermente più lungo.

     Ciuno - Piò… Ciuno - Piòtto!

     La nuova sigla suona come un vero nome (si noti soprattutto l'assonanza Piòtto - Pinotto), è coerente con le sigle usate nel film, e trasmette subito simpatia, come nelle intenzioni originarie dell'autore.

     Ma ora sorge un altro problema: le due sigle C1 - P8 e C - 3P0 sono troppo simili, vista anche la totale diversità morfologica tra i due modelli di droide. Inoltre, C - 3P0 continua a suonare più aspro rispetto all'originale.

     Soluzione: si può smussare un poco il nome senza necessariamente stravolgerlo, utilizzando consonanti dal suono più morbido rispetto a "c" e "p". In particolare, è la "c" a dare fastidio, per quel suono così lontano dall'originale.

     Vengono scelte la "d" e la "b", lasciando invariato il resto: è nato D -3B0, sigla che in italiano suona più elegante rispetto all'originale, e quindi ben si addice ai modi da maggiordomo inglese del nostro amico dorato.

     Dart Fener o Darth Vader?

     Le stesse considerazioni circa l'adattamento dei nomi originali dei droidi valgono anche per la scelta del nome italiano di Darth Vader.

     Se Artoo - Detoo era stato scelto per trasmettere simpatia, Darth Vader aveva ben altro scopo: nelle intenzioni di Lucas il nome del Dark Lord doveva essere imponente e spaventoso allo stesso tempo (Vader è probabilmente la troncatura di in-vader, cioè invasore, così come nella nuova trilogia Sidious è probabilmente la troncatura di in-sidious, cioè insidioso, come le trame che crea restando in disparte; Vader, al contrario "invade" la scena con la sua nera figura. L'uno è la controparte dell'altro sul piano scenico; uno alla luce, l'altro nell'ombra).

     Di nuovo, si pone il problema di un pubblico non anglofono, per il quale Darth Vader (pronunciato "Darf Veidar") sarebbe stato più che altro bizzarro, finendo col non trasmettere ciò che l'autore si era prefissato.

     Qui si deve operare in modo inverso rispetto a prima: il nome "Darf" va pronunciato in maniera più dura, sostituendo quella "f" che non risulta adatta come ultima consonante del nome; "Veidar" deve diventare qualcosa di meno etereo e più incisivo.

     Sfruttando quello che con ogni probabilità deve essere stato un errore di pronuncia, Darth diviene "Dart", mentre Vader attraverso un cambio della radice diviene "Fener" (Vad - er, Fen - er: tre lettere in tutto), che suona decisamente meglio dell'originale inglese e ripristina l'oscura maestosità del personaggio.

     Anche in questo caso la scelta è coerente rispetto all'universo rappresentato: Dart Fener non è troppo lontano dall'originale, e sarebbe risultato adattato alle orecchie italiane.

     Purtroppo, e questi sono i limiti invalicabili della traduzione, si perde il significato implicito del nome del personaggio; dopotutto, non lo si può tradurre Dart (In)Vasore!

     Morte Nera, Quadropodi e Sabbipodi

     L'arma più spettacolare dell'Impero, simbolo stesso della potenza distruttiva sulla quale si basa la politica di paura di quest'ultimo, e con la quale vengono tenuti sotto controllo i vari sistemi della galassia; dalle dimensioni di una piccola luna e dotata di un potere distruttivo pari a più della metà dell'intera flotta imperiale: è l'immensa… "Stella della Morte".

     Sorpresi? Sì, perché tutti la conosciamo con un altro nome; un nome ben più terrificante e suggestivo, frutto dell'estro creativo di Maldesi, il quale ha saputo trovare una sapiente alternativa per il nome di una delle creazioni più spettacolari di Lucas: "La Morte Nera"!

     Questo nome è l'esempio supremo di quanto l'adattamento italiano ci abbia rapito: chi, oggi, sinceramente, opterebbe per chiamarla "Stella della Morte", o col suo originale inglese "Death Star"?

     Il fascino dell'adattamento italiano è, almeno qui, indiscutibile: "Morte Nera" ha un suono terribile e sublime, nonché denso di significato.

     C'è un riferimento, forse inconsapevole, forse no, alla terribile epidemia di peste che decimò l'Europa medievale. Un paragone che si rivela quanto mai adatto: l'arma dell'Impero rappresenta, infatti, una terribile tragedia che sta per abbattersi sulla galassia, capace di spazzare via un intero pianeta con un solo, rapido colpo.

     Inoltre, "Morte Nera" è un termine ben più originale di "Stella della Morte", il quale oltretutto risulta poco azzeccato visto che la Death Star è un planetoide artificiale, non una stella artificiale, come il nome originario vorrebbe farci intendere.

     Altra variazione felice la troviamo in "Sabbipodi", il nome scelto per indicare i "Sandpeople", i predoni che abitano le lande desertiche di Tatooine.

     In effetti, è difficile preferire "Gente della Sabbia" (la traduzione esatta) a "Sabbipodi", nome che risulta essere ben più fantasioso e suggestivo, e che in più si avvicina abbastanza all'originale (si noti che "Tusken Raiders", l'altro nome col quale sono conosciuti, non viene menzionato mai nella trilogia Classica, ma solo in Episodio I e II).

     Stesso discorso per "Quadropodi Imperiali", variante italiana di "Imperial Walkers", i temibili "Camminatori Imperiali" (così la traduzione esatta) che sferrano l'attacco la base dell'Alleanza Ribelle su Hoth.

     - Sai parlare il "Bocce"? -

     No, non siamo impazziti di colpo: questa è la domanda esatta che Owen Lars rivolge, in inglese, a C-3PO, prima di acquistare il droide dai Javas; "can you speak Bocce?".

     Se si fosse restati fedele all'originale, rinunciando ai "famigerati" nomi inventati della versione italiana, questo sarebbe stato il prezzo da pagare.

     Per fortuna, un sapiente adattamento ci ha propinato un meno imbarazzante "Sai parlare il Baddi?", che riesce a mantenere l'effetto dell'originale (che si pronuncia "Bocci") senza cadere nel ridicolo, come invece avrebbe fatto quest'ultimo.

     La guerra dei Quoti e gli Stellapilota

     Veniamo ora alle dolenti note, cioè alla scelta di traduzione in assoluto più criticata da ogni fan della saga, la quale, oltretutto, non ammette scuse.

     La Guerra dei Cloni, l'evento che porta la galassia starwarsiana sotto la dittatura dell'Impero, menzionata da Luke nel suo dialogo con Obi-Wan, viene inspiegabilmente proposta nell'adattamento italiano come "Guerra dei Quoti".

     Se fino ad ora l'estro creativo dimostrato nell'adattamento si era fatto onore, qui perde decisamente colpi.

     Non solo il cambiamento non appare giustificato (Cloni - Quoti, la pronuncia non trae alcun beneficio da questa variazione), ma oltretutto "quoto" in aritmetica è la cifra risultante da una divisione, il che contribuisce solo ad aumentare quella confusione che invece, proprio a fronte del lavoro di adattamento, si voleva evitare! (a meno che non sia Kuoti, con la "K", oppure Cuoti…).

     Evidentemente la clonazione appare ancora un argomento troppo ostico e fantascientifico; si opta per qualcosa che non costringa lo spettatore a troppi sforzi comprensivi, con l'intento di non sviare l'attenzione dal già troppo complesso universo che gli viene proposto.

     Ma l'errore più grosso (per il quale, forse, dovremmo lamentarci maggiormente, ma che paradossalmente è sfuggito ai più) è che non si tratta di una sola guerra, ma di più guerre: L'originale è, infatti "Clone Wars", cioè al plurale!

     Appare logico, infatti, che una guerra su scala galattica sia suddivisa in tante guerre "locali", proprie di ogni sistema solare coinvolto, vista la portata del conflitto (sono guerre "stellari" dopo tutto!).

     Questa svista è imperdonabile tanto quanto la scelta di cambiare la parola "cloni".

     A parziale assoluzione possiamo dire che all'epoca nessuno poteva comprendere bene l'importanza degli eventi richiamati da quell'unico breve accenno di Luke, che solo ora, con la trilogia dei prequel, acquistano un ruolo di assoluto rilievo.

     Altro punto debole è l'adattamento italiano di "Starpilot", che diventa, con poca immaginazione, "Stellapilota".

     Sarebbe bastato qualcosa come, ad esempio, "Pilota Interstellare" a rendere il tutto meno ridicolo e più avvincente.

     IL "LIP SINC"

     È doveroso a questo punto ricordare che molte delle variazioni di nomi o parole che troviamo in un film tradotto sono dovuti, oltre che a problemi di pronuncia, anche a motivi di "Lip Sinc".
     Con questo termine si intende il sincronismo che deve esserci tra i movimenti della labbra e le parole pronunciate in fase di doppiaggio; una regola che vige sia in studio, quando gli attori doppiano sé stessi, sia in fase di adattamento, quando ci troviamo a doppiare un attore straniero.

     In questo caso, la scelta dei termini della frase è dettata anche dalla lunghezza delle parole, che deve avvicinarsi il più possibile a quella delle parole originali.

     Non si devono vedere labbra in movimento senza alcun suono pronunciato, così come non si devono sentire suoni quando, nel filmato, l'attore ha smesso di parlare.

     Questo spiega perchè, ad esempio "Stellapilota", benché un tantino ingenuo come termine, sia preferibile al più bello, ma più lungo "Pilota interstellare": il primo termine consente di mantenere il Lip Sinc (è quasi identico a "Starpilot"), il secondo no.

     Oltretutto, se si scelgono bene le parole si può riuscire a dare l'impressione che l'attore, benché straniero, stia pronunciando proprio le parole che sentiamo, anche se si tratta di una traduzione.

     Un esempio? Cantina di Mos Eisley: nella versione italiana Han Solo chiede "trentacinquemila, tutti anticipati", per portare i nostri eroi ad Alderaan, mentre nell'originale in inglese ne chiede solo diecimila. Perché mai questo aumento di tariffa?

     Perché "diecimila", in inglese, si pronuncia "ten tausand": l'espediente consente di creare l'illusione di cui sopra quando Luke, sbigottito, ripete la cifra scandendo bene le parole ("trentacinque..! Potremmo quasi comprarci un mezzo nostro!"). Le due frasi iniziano infatti entrambe con la "t", e sembra quasi che Luke stia effettivamente pronunciando la cifra della versione italiana.

     L'ADATTAMENTO: I dialoghi

     A volte capita che rimaneggiando un testo di un autore, per motivi di traduzione e adattamento, non solo si riesca a rendere perfettamente i contenuti dell'opera, ma, in certi casi, complice qualche felice intuizione, si riesca addirittura a migliorare il prodotto iniziale, perfezionandolo con pochi, sapienti tocchi.

     Una delle variazioni più interessanti riguarda la frase "Impara a capire la Forza, Luke!", l'invito che Obi-Wan rivolge a Luke dopo aver visto il messaggio della Principessa.

     Da una traduzione più alla lettera dell'originale "Learn about the Force, Luke!", sarebbe risultato un meno significativo "Impara le vie della Forza, Luke!", oppure "Impara la dottrina della Forza, Luke!" il quale, benché riporti benissimo il significato originario, priva il dialogo di tutte le accezioni spirituali che il semplice inserimento della parola "capire" sottintende.

     Quel "capire" trasforma completamente la frase elevando la Forza da semplice energia mistica, o dottrina, a volontà superiore, che deve essere compresa, capita, accettata; proprio come noi ci sforziamo di capire ed accettare il destino, del quale la Forza rappresenta la controparte starwarsiana.

     Da questo punto di vista, l'adattamento italiano anticipa di ventidue anni ciò che vedremo in Episodio I, dove per la prima volta si parla di "Will of the Force", il volere della Forza.

     Altro esempio: "Illuminati noi siamo! Non questa materia grezza..." , è la variazione italiana per la frase "Luminous beings are we! Not this crude matter!", acuta osservazione con la quale il Maestro Yoda si rivolge a Luke ne "L'Impero Colpisce Ancora".

     Di nuovo si accentua il lato spirituale di Star Wars, poiché la parola "illuminato" indica chi raggiunge un livello di consapevolezza più alto, ed è quindi un'espressione decisamente migliore di una semplice traduzione letterale come "esseri di luce, - o luminosi - noi siamo!", la quale lascia solo intuire ciò che Yoda ci vuole dire, senza tuttavia riuscire ad esplicitarlo con chiarezza (questo, a dire il vero, è proprio un limite della frase originale: abbiamo capito tutti cosa intende Yoda, ma le sue non sono le parole migliori per dirlo).

     In questo, come in altri punti, i dialoghi italiani superano in qualità quelli di Lucas.

     Le eccezioni si contano sulla punta delle dita; sono davvero pochi gli esempi in cui i termini adottati risultano forzati o inadatti.

     Uno potrebbe essere l'uso della parola "fulminatori" per indicare i "blaster", ovvero le armi da fuoco presenti nella pellicola, alla quale sarebbe preferibile "disintegratori"; un altro potrebbe essere l'uso del termine "immaginoso" col quale Jabba the Hutt definisce il cacciatore di taglie (Leila travestita) che lo minaccia con un detonatore termico.

     "Pieno d'espedienti" sarebbe stato più adatto.

     IL DOPPIAGGIO: Il grande Massimo Foschi

     Il nostro Dart Fener non è Darth Vader. Fener ha qualcosa in più rispetto al personaggio originale creato da Lucas; qualcosa che nessun altro Darth o Dart o Dark che di si voglia potrà mai avere: lo spessore umano che l'incalcolabile apporto del grande doppiatore italiano Massimo Foschi gli ha conferito.

     Il doppiaggio italiano di questo personaggio è un capolavoro irripetibile; un'interpretazione che supera quella di James Earl Jones, voce originale del Dark Lord (L'attore David Prowse, che impersona Darth Vader in tutti gli episodi della Trilogia Classica, è doppiato da James Earl Jones nella versione originale, in quanto la sua voce venne ritenuta poco adatta al personaggio; quindi benchè tutte le fonti riportino, giustamente, che Foschi è il doppiatore di Prowse, è con Jones che il confronto va fatto).

     Il confronto tra la versione originale inglese e quella italiana non lascia dubbi: non vi è una sola scena in cui Foschi non sia superiore a Jones.

     I dialoghi italiani sono arricchiti da un'interpretazione densa di sfumature sconosciuta alla versione originale; la voce di Foschi è capace di trasmettere le emozioni del personaggio dietro la maschera in maniera non solo completa ma addirittura perfezionante, completandolo laddove la voce originale non riesce a fare.

     Cominciamo con la frase d'esordio del personaggio in Episodio IV, con la quale Darth Vader si presenta al pubblico per la prima volta:

     "Dove sono quelle trasmissioni che avete intercettato? Che cosa ne avete fatto di quei piani?"

     Tutta la frase è sottolineata da un tono grave ed autoritario che caratterizza subito il personaggio: Vader è un tipo diretto ed impaziente. Sebbene entrambi i doppiatori abbiano conferito lo stesso tono alla frase, subito dopo si notano alcune differenze:

     "Se questa è una nave consolare, dov'è l'ambasciatore?" - Foschi trasmette rabbia al personaggio: Vader sa che stanno mentendo riguardo i piani e la frase smonta le scuse del capitano Antilles ("non abbiamo intercettato…siamo in missione diplomatica!").

     "If this is a consular ship, where is the Ambassador?" - Jones ottiene un risultato diverso: sembra quasi che Vader sogghigni malignamente sotto la maschera, a causa del tono più acuto che il doppiatore conferisce alla frase, come se il sadismo che lo pervade (sta strangolando il capitano Antilles) lo diverta.

     Va detto subito che lo stile adottato da ciascuno dei due doppiatori crea non poche differenze all'interno della saga; questo perché Jones sceglie di rendere il personaggio attraverso una cadenza volutamente lenta, caratterizzata da parole ben scandite ma al prezzo di un livellamento generale dei toni che causa un'interpretazione meno ricca di emozione, mentre Foschi sceglie di gestire meglio le pause e di usare una varietà di toni più ampia, con risultati più ricchi dal punto di vista interpretativo.

     Vediamo un altro esempio; nella sala conferenze della Morte Nera, un ufficiale ha appena definito l'attaccamento di Vader all'antica religione della Forza "deprecabile". La replica di Vader (tanto verbale, quanto per vie di fatto) non tarda ad arrivare:

     "Trovo insopportabile la tua mancanza di fede!" - Vader parla con voce grave, e un tono decisamente indignato: Foschi ci trasmette la collera di un adepto che vede derisa la sua religione.

     "I find your lack of faith disturbing!" - Jones parla con calma, con un tono meno grave: Vader sembra solo voler far "abbassare la cresta" all'ufficiale imperiale.

     Ma l'esempio migliore di quanto il lavoro di Foschi sul personaggio sia superlativo è la scena più importante di tutta la saga, quella che ha fatto sobbalzare sulle poltrone i fans di tutto il mondo; quella che ancora oggi è la più radicata nel cuore di tutti noi: la rivelazione di Vader a Luke, in Episodio V:

     "Se tu solo conoscessi il potere del Lato Oscuro! Obi-Wan non ti ha mai detto che cosa accadde a tuo padre!"

     Luke: "mi ha detto abbastanza! Che lo hai ucciso tu!"

     "No! Io sono tuo padre!"

     Vediamo come i due doppiatori hanno rispettivamente interpretato questa scena frase per frase:

     Se tu solo conoscessi il potere del Lato Oscuro! - qui Foschi conferisce ebbrezza al tono del personaggio, come se gli occhi di Vader brillassero sotto la maschera, mentre egli descrive l'immensità del potere oscuro.

     If you only knew the power of the Dark Side! - Jones parla lentamente, enfatizzando le parole, ma la voce non ha sfumature, non trapelano emozioni, solo una verità enunciata in maniera meccanica.

     Obi-Wan non ti ha mai detto che cosa accadde a tuo padre! - il tono di Foschi cambia in maniera quasi impercettibile; Vader ha un fremito: sta per rivelare una verità terribile e, malgrado ne sia succube, tradisce l'emozione per il ricordo dell'evento che ha cambiato la sua vita.

     Obi-Wan never told you what happened to your father! - valgono le stesse considerazioni di prima: Jones parla ancora lentamente, enfatizzando le parole, ma la voce non ha sfumature; di nuovo non trapelano emozioni degne di rilievo.

     No! Io sono tuo padre!- No! I am your father! - qui, alla rivelazione finale, le due interpretazioni si equivalgono, ma mentre quella di Jones vi è arrivata attraverso un percorso lineare, enfatizzato solo dall'uso di una lentezza voluta nello scandire le parole, quella di Foschi giunge al traguardo dopo un sentiero tortuoso, sofferto, come sofferta è la rivelazione di Vader, che confessa al figlio la mostruosità oscura della sua natura.

     Il talento di Foschi è più che evidente: nessun doppiatore oggi riuscirebbe a conferire una tale gamma di micro-sfumature (o anche solo penserebbe di doverlo fare - Foschi si è davvero calato nel personaggio in maniera encomiabile) in un eventuale ridoppiaggio della saga.

     Ma non è tutto: le meraviglie del doppiaggio italiano continuano anche nell'ultimo episodio, dove l'ormai consolidata confidenza di Foschi col personaggio ci regala l'ultimo grande affresco "sonoro" di Darth Vader.

     Vader: "Un gruppo di ribelli è atterrato sul pianeta rifugio"

     Imperatore: "Sì…lo so"

     Vader: "Mio figlio è con loro"

     Di nuovo troviamo una piccola sfumatura, donata da una impercettibile quanto indovinata pausa dopo "mio figlio". Oltretutto in quel "mio figlio" è percepibile un fremito, che tradisce e rivela l'emozione di Vader.

     La risposta dell'Imperatore ne è una conferma: "Mi chiedo se le tue percezioni in questa faccenda siano chiare Lord Fener…"

     "Sì, lo sono…mio signore" - di nuovo una piccola pausa, ora però molto evidente (anche nell'originale, a dire il vero), che tradisce il travaglio interiore del personaggio ad ulteriore conferma della bravura di Foschi.

     Si noti che qui Jones risponde in maniera "meccanica" ("They are clear, my Master"), col risultato di non lasciar trapelare le emozioni del personaggio, il quale appare quasi imperturbabile, a meno che il tono uniforme non sia proprio un mezzo che Vader utilizza per nascondere all'Imperatore il travaglio interiore che lo tormenta.

     Ancora una volta la differenza di interpretazione dei due doppiatori restituisce, di fatto, due personaggi differenti.

     Più tardi è Luke stesso che conferma indirettamente il lavoro del doppiatore italiano sul personaggio :

     "I tuoi pensieri ti tradiscono padre! Avverto il bene che è in te! Il conflitto che è in te"- proprio il conflitto interiore così ben rappresentato dalla sapiente interpretazione di Foschi, e che invece risulta meno evidente nell'interpretazione di Jones.

     La carne da mettere al fuoco è ancora molta per il personaggio, Episodio VI è infatti il capitolo delle rivelazioni:

     "…tua sorella!...così hai una sorella gemella! I tuoi sentimenti hanno tradito anche lei! Obi-Wan è stato saggio a nasconderla a me, ora il suo fallimento è completo! Se tu non vuoi passare al Lato Oscuro forse… lei lo farà!"

     Questo passaggio è ricchissimo di sfumature che rischiano di passare inosservate:

     "…tua sorella!" - lo stupore qui si mescola con l'interesse per l'allettante possibilità che la scoperta offre a Vader.

     La sua subordinazione al Lato Oscuro è evidente: ha appena scoperto di avere una figlia e le uniche emozioni che trapelano sono l'interesse per questo nuovo potenziale e la gioia del trionfo finale sull'antico maestro Obi-Wan; qui più che mai è il signore oscuro dei Sith che parla.

     "…ora il suo fallimento è completo!" - lo si percepisce sorridere malignamente dietro la maschera, cosa che nella versione originale inglese riesce meno facile.

     Di nuovo il doppiaggio italiano supera l'originale: laddove Jones propone il suo lento ed enfatizzante scandire, che pecca di sterile uniformità, Foschi colora il personaggio alla luce del realismo, donandogli uno spessore ulteriore.

     Il finale è davvero insuperabile: "Luke, aiutami…toglimi la maschera!"

     Luke: "Ma morirai!"

     "Nulla può impedirlo ormai…per una sola volta, lascia che ti guardi con i miei veri occhi!".

     La voce è leggermente cambiata di tono, benché ancora possente. La tenebrosa profondità del Lato Oscuro ha lasciato il posto ad un tono più sereno, più umano. Vader non c'è più, ora è Anakin che parla; meglio ancora: l'Anakin padre.

     Questa è l'ultima battuta doppiata da Foschi; d'ora in avanti, come nell'originale, la voce viene prestata da un altro doppiatore, sottolineando come la voce possente di Vader sia soprattutto un attributo della maschera che indossa; togliendola, la voce cambia.

     Il "tocco" di MARCELLO TUSCO

     Nella versione italiana, le ultime battute sono affidate a Marcello Tusco, altro grande doppiatore, il quale conferisce una voce più mite ed umana al morente Dark Lord.

     "Ora va', figlio mio…"

     Luke: "…non ti lascio qui, devo salvarti!"

     "Lo hai già fatto, Luke…"

     "Avevi ragione… avevi ragione nei miei riguardi!" - grande emozione nella voce: la riconquistata umanità commuove Anakin, ora visibilmente provato, così come lo ha commosso il gesto di Luke, che ha voluto credere in lui rischiando la vita.

     Questi momenti così toccanti non sono resi altrettanto bene nell'originale, dove l'umanizzazione conferita ad Anakin dalla bravura di Foschi prima, e Tusco poi, è quasi assente.

     Appare chiaro come il "nostro" Fener sia un Dark Lord estremamente più curato e verosimile della versione inglese, e si pensi che questa può contare nientemeno che su un voce profonda ed elegante come quella di James Earl Jones, che non è certamente l'ultimo arrivato.

     Riguardo la validità del doppiaggio originale, questi non sono che alcuni esempi; va ricordato che anche gli altri bravissimi attori che hanno lavorato al doppiaggio hanno svolto il loro compito in maniera molto professionale, apportando grossi benefici ai loro personaggi, con voci eleganti e ricche di sfumature, anch'esse, il più delle volte, migliori di quelle originali.

     In particolare ricordiamo: Claudio Capone (Luke Skywalker), Stefano Satta Flores (Han Solo), Ottavia Piccolo (Leia Organa), Corrado Gaipa (Obi-Wan Kenobi), Rodolfo Traversa (C-3PO).

     Un tesoro da non gettare al vento

     Molte sono oggi le voci che si alzano all'unisono chiedendo un ridoppiaggio della Trilogia Classica, per uniformare l'opera sia ai nomi che alla qualità audio della nuova trilogia dei prequel.

     I nuovi capitoli della saga, infatti, presentano i nomi originali dei due droidi, ed una traccia audio di qualità superiore perfino per gli standard odierni, con la quale il nuovo remix digitale al quale è stata sottoposta la traccia analogica dei vecchi episodi per la versione in DVD non può competere.

     Qualora ciò fosse realizzato (e chi scrive si augura vivamente che ciò non accada mai), non solo andrebbe perduto per sempre un documento sonoro che ha segnato un'epoca, e per il quale, almeno alle orecchie di chi con quelle voci è cresciuto, ogni sostituto, per quanto ben fatto, suonerebbe irrimediabilmente falso, ma anche un esempio monumentale di doppiaggio di qualità, che dovrebbe essere tramandato piuttosto che rinnegato.

     Il pubblico italiano si renda conto che oggi possediamo, grazie al doppiaggio di Massimo Foschi, una versione del Dark Lord da far invidia a Lucas stesso, ed in generale, grazie al lavoro di adattamento svolto da Maldesi, una versione di Star Wars che è riuscita a rendere appieno la magia del creativo di Modesto nella nostra lingua, facendoci innamorare di questa saga che ancora oggi, a distanza di tanti anni, diverte, incanta, stupisce ed insegna.

     Un ridoppiaggio della Trilogia Classica è un'eresia impensabile; un crimine contro un'opera d'arte resa immortale dalla fortunata concomitanza di talenti che, in un'epoca illuminata ed irripetibile, le hanno dato la luce.

     E la voce.







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