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San Lucas? No, grazie

di Davide G. Canavero


     Gran Bretagna, 2001. Nel censimento inglese, alla domanda su quale religione i cittadini professassero, ben 390.000 persone risposero scrivendo "Jedi": lo 0,7% della popolazione totale. Una risposta di protesta contro una domanda considerata da molti piuttosto invadente, una risposta provocatoria; una risposta —diciamolo pure— sciocca, nella misura in cui si trattava di nulla più di uno scherzo combinato su vasta scala tramite quel collante che è Internet, con il falso miraggio di far accreditare quella dei Cavalieri Jedi come una religione riconosciuta dallo stato inglese. Tuttavia, scherzo o no, 390.000 persone su 52 milioni costituivano un gruppo più numeroso di coloro che si professavano ebrei, buddisti e sikh.

     Questa saga dever aver colpito decisamente nel segno per suscitare tutto questo nell'immaginario di così tante persone; coloro che si sono professati di religione Jedi sono solo una piccola parte del pubblico che ha subito l'impatto della saga di Lucas e che l'ha metabolizzato senza eccessi e manifestazioni clamorose.

     Il rischio del fraintendimento —e delle critiche ingiuste che ne derivano— è comune a ogni prodotto artistico, ma poche opere possono esservi più esposte di una saga come Star Wars, un'epopea di fama mondiale, forse quella con il pubblico in assoluto più vasto, e soprattutto quella dotata dei contenuti più complessi e profondi, persino di natura spirituale. La somma di queste caratteristiche rende l'opera di George Lucas soggetta ad un elevato rischio di travisamento, che conduce a letture diametralmente opposte ed egualmente sbagliate: come baraccone di effetti speciali o come nuova religione. Ad un esame onesto e intelligente, Star Wars si rivela essere per un verso molto di più, per l'altro molto di meno.
     Tutto l'Athenaeum, con il suo patrimonio di studi culturali, dimostra che considerare SW solo un mucchio di effetti pirotecnici è assurdo; qui invece ci occupiamo nello specifico di chiarire che l'opposta lettura della saga e della filosofia Jedi come "forma larvata di nuova religiosità da collocare nella corrente della New Age" è altrettanto sciocca e superficiale.

     Dato per scontato che non abbiamo a che fare col classico filmone estivo pieno solo di effetti speciali che dopo un anno finisce nel dimenticatoio, e neppure soltanto con una serie di film giustapposti, possiamo ribadire che Star Wars è ciò che più si avvicina, nel nostro tempo, a un ciclo epico, o meglio a una nuova mitologia. Interessarsene non è una perdita di tempo e, trattandosi dell'opera più vista in assoluto negli ultimi due decenni, è addirittura doveroso interrogarsi su quali valori comunichi.
     Questo ci conduce al nucleo del problema, cioè la presunta religiosità della saga, dei suoi temi, della sua visione del mondo. Il punto controverso è la questione del rapporto Star Wars e la fede, e tra la Forza e Dio.
     Il dibattito nacque già nel 1977, non appena il pubblico e i critici si trovarono dinanzi a qualcosa di assolutamente inaspettato in un film catalogato come "sci-fi", vale a dire quelle che sembravano farneticazioni su una religione campata per aria, una fede di fantasia in un mondo da fumetto; qualcosa che da principio, nei cinici Anni '70, non venne preso troppo sul serio. Tuttavia, a mano a mano che la fiumana dei fan cresceva, e soprattutto dopo la svolta più marcatamente "mistica" e zen di Empire nel 1980, il problema della religiosità della saga si pose con maggior frequenza e più seriamente, al punto che alcuni opinionisti si interrogarono (continuando poi a farlo fino ad oggi) sull'effetto che le fantasticherie simil-religiose di Lucas potevano avere sui milioni e milioni di giovani raggiunti in ogni angolo del globo dal martellante incedere della macchina-Star Wars. Potenza dell'invidia: in realtà chi critica vorrebbe disporre di quella straordinaria opportunità che Lucas e pochi altri hanno di farsi ascoltare da grandi masse per comunicare il proprio messaggio. Qualcuno vorrebbe farlo ma, non essendone in grado, si limita a gettare fango su chi dispone di maggior poter "mediatico".
     L'interpretazione dominante è quella che vede nella filosofia della Forza una forma di religiosità a buon mercato da inserire nel filone "New Age". La nostra analisi ci dirà più avanti se questo sia giusto o meno. Intanto facciamo una considerazione. I veri appassionati, cioè coloro che dalla lunga frequentazione di SW hanno tratto una conoscenza profonda dell'opera, sanno che tentare di trasportare di peso i valori della Forza e la filosofia Jedi nel mondo reale è improprio: la Forza non esiste (non così com'è descritta in SW) e neppure i Jedi. Si tratta di un universo di fantasia e, prima di tutto, di mito. Dimenticarlo, considerando Star Wars un vero surrogato di religione e uno specchio della realtà, è molto facile in questo tempo che si nutre di fantascienza e che da essa trae spesso insegnamenti (e ammonimenti) che funzionano anche nel mondo reale. La "filosofia di Star Trek" può essere esportata nel nostro mondo, mentre quella dei Jedi incontra qualche difficoltà in più, a meno che non venga opportunamente decodificata, cioè "tradotta" con un procedimento di tipo allegorico. L'Unico Anello di Lord of the Rings, la magia di tanta letteratura fantasy, gli dèi della mitologia greca o di quella nordica parlano di temi senza tempo, validi sempre e ovunque, ma lo fanno dietro il velo della letteratura e della poesia; e Star Wars si colloca in questa tradizione. La sci-fi invece è una proiezione del presente sul futuro, che lascia dunque largo spazio all'applicazione concreta e diretta di certi sistemi di valori. Al punto che Scientology ha compiuto davvero il balzo dalla fantascienza cartacea a tangibili —ma alquanto improbabili— "chiese della scienza". Con Star Wars —un'epopea sana— questo non sarebbe possibile, per fortuna. Qualcuno potrà convincersi che Hubbard sia un vero profeta, mentre nessuno si metterebbe concretamente a seguire Lucas o Obi-Wan Kenobi o a cercare di diventare un Jedi spostando gli oggetti con la forza del pensiero.
     Se si prende la Forza così com'è, quasi alla lettera, e la si giudica alla luce delle religioni tradizionali si commette un grossolano errore di prospettiva. Star Wars è semplicemente mito che tratta anche alcuni argomenti propri delle religioni, e non è il primo a farlo. Questa è l'intenzione di Lucas, ed è ciò che si trova nella saga. Non si vuole insegnare a vivere: si fa solo mitologia, pura allegoria della condizione umana. Si descrive, non si prescrive — come invece la sci-fi fa talvolta.
     Da SW non si deve (non si può) trarre una fede a proprio uso e consumo per calarla nel quotidiano: l'intenzione dell'Autore era solo quella di stimolare la riflessione in una prospettiva religiosa e di spingere il pubblico a interrogarsi su certi temi, cercando poi le risposte nelle sedi adeguate. Star Wars non indirizza verso questa o quella religione, neppure verso il buddismo, come alcuni hanno detto, visto che cristiani, ebrei e musulmani vi hanno riconosciuto temi e spunti familiari, e talvolta ne hanno rivendicato la paternità. Tutti vi trovano dentro qualcosa di familiare, nessuno la "vetrina" della propria fede, uno spot pubblicitario concepito per il proselitismo. Il lato mistico di SW è mitologia pura e semplice condita con religiosità de-strutturata e generalizzata, sì da essere valida in ogni tempo e a ogni latitudine. L'epopea lucasiana è epos dell'umanità, la quale è da sempre mossa da esigenze spirituali.

     Partiamo da quanto ha dichiarato lo stesso Lucas a Time, all'epoca dell'uscita di Episode I: il regista ha fatto luce su cosa intendesse comunicare con la filosofia della Forza. Peccato che certi critici, come il nostrano prof. Claudio Siniscalchi (dell'Ente dello Spettacolo), trovino difficoltà a capire anche concetti piuttosto semplici; ma non ci stupisce, visto che non hanno idea di che cosa stanno parlando. Figurarsi poi cosa può capire il lettore occasionale dei loro pezzi, quale idea di Star Wars può farsi... Ecco i pensieri di Lucas filtrati e stravolti dal passaparola giornalistico che termina con le considerazioni insensate del prof. Siniscalchi:

     In una recente intervista il regista George Lucas ha dichiarato, parlando della prima parte della "nuova trilogia" delle sue Guerre stellari: "Ho messo nel film una forza che risveglia un certo tipo di spiritualità nei giovanissimi. Si tratta però più di credere in Dio che in un particolare sistema religioso. L'ho fatto apposta per costringere i bambini a chiedere spiegazioni su questo grande mistero. Vedere intorno a me gente che non ha la curiosità di domandarsi se esiste o no Dio mi sembra la peggiore cosa che possa capitare".
     Lucas non ha detto "ho messo una forza" come se parlasse di una vaga "potenzialità" della narrazione e come se fosse una novità; bensì "ho messo la Forza", quella con la maiuscola e l'articolo determinativo, un concetto specifico spiegato già nei primi film. Gli stralci della lunga intervista di Time apparsi su Il Giornale erano tradotti piuttosto grossolanamente. Tra il resto l'originale diceva prudentemente "cercare di risvegliare", e l'idea del "costringere i bambini a chiedere spiegazioni" era invece: "volevo far sì che i bambini iniziassero a porsi delle domande". Suona un po' meno brutale.

     Giustamente la testata che ospitava l'intervista titolava così l'articolo: Guerre stellari avvicina i bimbi a Dio (Il Giornale, 21 aprile 1999).
     Be', non proprio "giustamente": il titolo non è molto felice, anche perché i "bimbi" fino a dieci anni si divertono ma non capiscono le parti più cupe della saga, né riescono ad avere uno sguardo d'insieme sull'epopea nel suo complesso, cosa che tra l'altro neppure tanti adulti riescono a fare, i critici innanzitutto. La maggior parte degli appassionati della saga di Lucas, comunque, è tra i venti e i quarant'anni, così come in generale il "pubblico". I "bimbi" più che altro comprano i giocattoli.

     Ma a quale Dio fa riferimento George Lucas? Al Dio della cultura giudaico-cristiana? Oppure fa riferimento ad un'altra forma di divinità che governa i destini della terra?
     Lucas non ha parlato di un Dio specifico, ha parlato solo di una occasione per porsi delle domande. "...Più che in un particolare sistema religioso" cosa significa? Significa che, siccome qualsiasi religione specifica sarebbe portatrice di una dottrina dettagliata sulla divinità, Lucas non può certo sposarne una e fare della sua opera di fantasia...un trattato teologico! Nessuno lo deve pretendere né lui lo ha mai voluto. Perché domandarsi a quale Dio pensi Lucas, quando è stato esplicitamente detto che si tratta solo de "l'idea del divino". L'intenzione di Lucas, che tutti i credenti dovrebbero salutare come tuttosommato benemerita (nel suo piccolo: è pur sempre solo mitologia fantastica!) è quella di combattere l'agnosticismo, vale a dire il disinteresse per il soprannaturale. Personalmente mi ha sempre rattristato che molti pensassero che la spiritualità non li riguardasse affatto: scoprire che Lucas aveva a cuore che i giovani si ponessero delle domande è stata una lieta scoperta.

     Lucas è davvero convinto che questa nuova puntata di Guerre stellari sia il miglior strumento per avvicinare le giovani generazioni al mistero divino.
     A parte il fatto che "puntata" è un termine adatto a un telefilm, quando mai il regista ha detto "il miglior strumento"? Ha detto che è uno strumento, un'occasione; il "migliore" è un'aggiunta inserita per poter criticare: si fanno dire agli altri cose che non hanno detto per poi contestarle. All'ignoranza aggiungiamo così anche la malafede verso Lucas, fatto passare come un santone che vuole piegare la gioventù alla sua visione del mondo.

     Così prosegue: "Ciò che voglio è sentire gente che dice: "mi sto guardando attorno, sono molto curioso di sapere e non avrò pace fin tanto che non scoprirò una risposta. Se non sarò in grado di trovarla morirò tentando di scoprire il mistero della creazione del mondo". Guerre stellari tenta di distillare tutti i quesiti che la religione può porre e li trasforma in un unico concetto, quello che esiste un grande mistero. Mi ricordo che quando avevo dieci anni chiedevo alla mia mamma come mai se c'è un solo Dio esistono tante religioni. A tutt'oggi non ho ancora trovato una risposta e la mia conclusione è che tutte le religioni sono vere. Sono convinto che esiste un Dio, non ci sono dubbi su ciò. Non sono sicuro, però, di chi sia questo Dio e di cosa sappiamo di lui".
     È una sintesi di più frasi montate insieme artificiosamente, alla faccia della serietà che si dovrebbe impiegare nel documentarsi su un certo argomento. Tra il resto, il "mistero della creazione del mondo" è un'espressione inventata nella traduzione e assente nell'articolo originale. L'intervistatore Bill Moyers chiedeva che cosa Lucas pensasse del fatto che la gente ha interpretato la sua opera come profondamente religiosa: e il regista, che perlomeno ha del buonsenso, rispondeva: "Io NON vedo la saga come profondamente religiosa. Direi solo che tenta di distillare tutti i quesiti posti dalle religioni in una forma facilmente accessibile: c'è un mistero più grande". Per lui è essenziale, come punto di partenza, che una persona abbia una fede, una fede in qualcosa. Saranno poi le religioni a dare le opportune risposte.
     Questa idea della ricerca di Dio mi sembra encomiabile. Il fatto è che, se abbiamo una quota minima di materia grigia, non dobbiamo aspettarci delle risposte definitive dentro la saga, che non è religione: "non volevo creare una religione —dice Lucas più avanti— volevo cercare di spiegare in modo diverso ciò che le religioni hanno già detto", un compendio di temi legati alla spiritualità e al mito. Un modo per far respirare al pubblico un clima che non sia materialistico e scientista.
     Lucas si è servito di una forma espressiva che, al di là del medium usato, certamente moderno, resta a livello narrativo assolutamente universale e slegata dalla società moderna. Non vi troviamo certo la religiosità simbolica un po' lambiccata di Matrix, sospesa tra postmoderno, ciberspazio, horror e allegorie pretenziose e forzate (senza nulla togliere a un ottimo film). Star Wars non è moderno o postmoderno, ma neppure semplicemente antico. È senza tempo, ed è in questa prospettiva che si pongono le sue istanze religiose, cioè come questioni eterne che riguardano tutti gli uomini di tutte le epoche e di tutte le culture. A partire dalla lotta continua, istante dopo istante, contro il Male, che si serve della Tentazione.
     Il presupposto dell'intera prospettiva spirituale è che c'è un grande mistero su cui riflettere, il mistero della vita e dell'esistenza di tutte le cose, dalle supernove al cuore dell'uomo; mistero della vita e del creato. La Forza simboleggia tutto ciò, cioè la domanda prima: perché? Il senso, il motivo, il fine di tutte le cose. La Forza vuole far pensare a questo, senza pretendere di dare quelle risposte che competono alle varie fedi religiose: ci dice che c'è Dio, ma non ci dice che volto abbia, perché sarebbe voler prendere il posto delle religioni (e allora sì che fioccherebbero ben altre critiche!). Come sappiamo, nella finzione scenica la Forza è definita un campo di energia mistica che tiene unite tutte le creature viventi: essa è strettamente connessa con la Vita, non solo quella biologica ma il mistero profondo della vita. È un'energia dalla quale si possono trarre le risorse per compiere imprese strabilianti, virtualmente senza limiti, a patto che si abbia fede. Si tratta di un salto nel buio come quello richiesto per porre fiducia nei vari sistemi religiosi. Insomma SW aiuta a sintonizzarsi sulle "giuste frequenze". Niente di più. Il di più viene messo in bocca a Lucas da altri, che non sanno analizzare l'opera per quello che è.

     Queste dichiarazioni del fortunato (e bravo) regista americano sembrano accreditare l'idea di una svolta di natura "spirituale".
     Serve altro per capire la superficialità dei critici? Non c'è nessuna "svolta" inedita: tutto ciò che sta dietro la nuova trilogia esiste già da oltre venticinque anni, è una epopea creata molto tempo fa e sviluppata a poco a poco. Niente di nuovo sotto il sole. Anche le pietre sanno che fin dal 1977 esiste la Forza in SW. Ma certuni, che si occupano di cinema per professione, forse sono un tantino distratti.

     Pertanto dovremmo supporre —prestando fede alle dichiarazioni dell'inventore della serie— che la "trilogia" di Guerre stellari non abbia mai affrontato questioni di natura religiosa. Ma è vero? È falso.
     E qui il critico cerca di stupirci con il colpo ad effetto: ci illumina con la sua conoscenza dell'argomento. Si è documentato e ci mostra il suo acume. Ma... "prestando fede..." a cosa? Non ci sono dichiarazioni che parlano di innovazioni. Il signor Sinisclachi legge cose che non sono scritte. Non esiste nessun punto dell'intervista in cui Lucas dice che il tema religioso fa il suo esordio solo con Episode I. Ancora una volta è il critico che fa dire cose non dette per poi contestarle, in modo piuttosto delirante.
     Lucas ha colto l'occasione dell'uscita di Ep1 per chiarire un discorso che aveva già accennato negli anni passati, ma non ha assolutamente detto che questa sia una novità, perché è universalmente noto che la sua saga ha avuto fin dal principio un "taglio" spirituale, lo sanno davvero tutti anche perché è l'opera moderna più vista in assoluto. L'equivoco nasce forse dal fatto che spesso nelle interviste Lucas si esprime presupponendo umilmente che i suoi interlocutori non abbiano idea di cosa sia Star Wars e tende a parlare come se fossimo ancora negli Anni Settanta. Se dice "ho messo la Forza..." non vuol dire da questo film soltanto, ma nell'epopea nel suo complesso.

     Anzi, una delle chiavi di lettura per interpretare il successo di Guerre stellari sta proprio nella capacità del regista di saper mescolare, a livello rappresentativo, una storia apparentemente classica (addirittura di natura biblica, dove esiste un chiarissimo scontro tra il Bene e il Male, sullo stile de Il Signore degli anelli di Tolkien), con elementi di natura religiosa provenienti dall'Oriente.
     Appunto, ma senza "anzi": chi l'aveva mai negato?

     Nell'intervista poc'anzi menzionata Lucas parla di "forza". Viene evocata una "forza" che risveglia, ma il concetto della "forza" era già presente nella "trilogia", avendo peraltro un significato fin troppo importante.
     La Forza andrebbe scritta con la maiuscola per non confonderla con la prestanza fisica. Sul fatto che sia "fin troppo importante" è meglio stendere un velo pietoso: come si fa a dire "troppo"? Sarebbe come dire che nel ciclo bretone la fede cristiana e la ricerca del Graal hanno "troppo" spazio; o che nell'epos omerico i concetti di onore e gloria e l'ingerenza degli dèi nelle azioni umane sono concetti "troppo" insistiti. Avviciniamoci alle storie senza preconcetti e analizziamole a fondo per quello che sono, no?

     Lucas in Guerre stellari presenta la "forza" come una divinità onnipotente,
     Non è assolutamente una divinità: mai e poi mai viene descritta come una "divinità", non viene mai personalizzata o accostata al concetto di un Dio personale, né tantomeno adorata! Mai. Chi afferma questo non ha visto la saga e parla solo per parlare.

     una divinità però che non ha valori assoluti, né positivi né negativi, pur possedendoli al contempo entrambi.
     La Forza non è Zeus.

     La "forza" dunque essendo neutra può servire al raggiungimento del Bene come a quello del Male. Tutto dipende da come la mente - quindi la soggettività, intesa come strapotere dell'umanità - utilizza la "forza".
     "Strapotere dell'umanità"? "Libero arbitrio", piuttosto: la scelta su come usare i propri doni. Si ha la netta impressione che il critico prenda sistematicamente per storto tutto ciò che viene da Lucas. "Strapotere dell'umanità" è qualcosa di lontanissimo da ciò che accade nell'epopea, dove hanno spazio l'aiuto reciproco, il senso della "comunità", il perdono, l'umiltà, la fede e il sacrificio, concetti cristiani e non solo. Non esiste traccia dell'esaltazione del singolo. Gli "eroi", che pure ci sono, sono sempre tali grazie all'aiuto reciproco. L'unica volta che Luke Skywalker compie una grande impresa da solo è quando si sacrifica per il padre.
     Naturalmente SW non è "epos religioso", non lo possiamo chiedere. Per chi è già provvisto di una solida fede non aggiunge nulla: ma cosa pretendiamo da un'opera di fiction? Star Wars annovera fra i suoi temi anche il "minimo comune denominatore" delle religioni; in questo senso è un "canto" vagamente religioso di tutta l'umanità. La sua equidistanza dalle religioni non deriva dal fatto che si rapporta in modo eguale a tutte e ciascuna, ma dal fatto che pesca nel profondo delle pulsioni umane, del sentimento di infinito, nelle domande di fondo sussurrate dalla coscienza; e si addentra nelle scelte, nelle tentazioni, nella caduta e nella redenzione, in tutta la dimensione "spirituale". A monte delle dottrine religiose.
     È dunque questo che lo fa apparire equidistante dalle religioni che, in maniera analoga ma più profonda e dettagliata, hanno cercato storicamente di rispondere alle stesse problematiche. SW è il minimo comune denominatore delle religioni solo perché è il minimo comune denominatore della spiritualità dell'uomo, intesa in senso lato nelle varie culture del mondo e nelle varie epoche; è noto che la natura umana nel suo nucleo resta immutata ("racconto una storia che è la stessa da tremila anni", cioè fa parte dell'epos dell'umanità). È epos con una dimensione in più, spirituale, che nessuna epopea ha mai avuto. Perciò dobbiamo concludere che, come opera o meglio come costruzione "letteraria" (al di là cioè della concreta realizzazione di questi film, che pure non sono poi tanto male) è innegabilmente una delle saghe più belle di tutti i tempi. E invece di coltivarla rischiamo di darle addosso per miopia e pigrizia.
     Quello di SW è un universo di fantasia dove non si chiama in causa una religione specifica, bensì si fornisce una visione universale di spiritualità come generica riflessione. Non è e non vuole essere religione, giustamente. Solo una forma di "propedeutica". Nessuno vuole che sostituisca la Bibbia! Né Lucas ha preteso che avesse un valore "educativo" in senso strettamente religioso. Semplicemente "edificante". In SW non si parla del Dio monoteistico, ma neppure di un pantheon politeistico o altre deità: solo della simbolica Forza, come forza panteistica che rappresenta la Vita, il Creato.
     Ci piace interpretare la Forza, al limite, come un Dio Ignoto, un Dio Nascosto, che parla ancora attraverso la Natura prima di rivelarsi. È un guardare il mistero riflesso in uno specchio, prima della Rivelazione diretta, cioè un evento così straordinario e delicato che sarebbe stato assurdo inserire in un mondo di finzione. Qui siamo a monte di tutto: come parlava Dio all'uomo nell'epoca omerica? Come nel mondo orientale, lontano dal popolo ebraico? SW pesca dunque in un clima da mito e in uno stadio primordiale dell'uomo, a monte di tutto, di tutte le differenze culturali e quindi religiose. E, in quanto mito, è storia di uomini ed eroi, storia di errori, difficoltà, prove, sconfitte e vittorie, cadute e redenzioni, umiltà, fede, sacrificio, perdono, agnizioni, "peripezie" (nella particolare accezione aristotelica del termine) ed "enigmi della parentela", cioè la rimessa in discussione dei veri rapporti di sangue se considerati nell'ottica della fede (la paternità spirituale può essere quella del figlio verso il padre, quando si fa padre di suo padre redimendolo: cfr. il confronto sinottico tra l'asse portante della saga di Star Wars e il Barlaam e Ioasaph bizantino, in questo sito). SW è pieno di insegnamenti che i credenti ovviamente già conoscono: è uno spettacolo decisamente consigliabile, sicuramente non nocivo; simbolico, appassionante, avventuroso, mitico, epico ed etico.

     In un passaggio di Guerre stellari quanto detto è spiegato chiaramente quando Yoda, un piccolo elfo, insegna a Luke Skywalker il modo come utilizzare il potere della mente per affrontare le difficoltà affidandosi solo a se stesso (questo nella Bibbia ad esempio non è possibile: Sansone ha una forza straordinaria, ma la utilizza in primo tempo malamente - seguendo la passione per Dalila - e solo successivamente, quando sarà riuscito a mettersi in contatto con Dio, la adopererà per il Bene supremo). Nel buddhismo zen - e Yoda è la limpida visualizzazione di un maestro - si trovano sin troppe affinità con tante idee che circolano in Guerre stellari. In questa lotta tra Bene e Male il concetto di Dio è inesistente: il suo posto è stato rimpiazzato dall'uomo.
     Questa è la chiave di tutto, qui sta il fraintendimento di fondo: in questa saga l'uomo non trova affatto in se stesso le risorse, le trova NELLA FORZA (= nella dimensione del "divino"). "Trovo insopportabile la tua mancanza di fede", "tu non hai fede nella Forza, vero?", "Che la Forza sia con te". Quello che l'uomo, nella finzione scenica della saga, trova in se stesso è —attenzione— solo la volontà della scelta, la scelta di campo, esercizio del libero arbitrio, l'opzione fondamentale tra Bene e Male, tra una via rapida e seducente e una via lunga e difficile: cioè un altro tema cristiano; ma può farlo solo GRAZIE ALLA FORZA, e solo DOPO AVER RIPOSTO FEDE nella Forza con un "salto" nel buio, solo dopo essersi affidato alla Forza. Quello che l'uomo (o altre specie senzienti) riesce a fare lo fa grazie alla Forza: la fede può spostare le montagne, e questo nella saga di Lucas viene messo in scena fedelmente; ma non mancano neppure le opere, perché la Forza va usata per il bene del prossimo, o si trasforma in uno strumento di perdizione (siccome la Forza non è Dio ma la fede... l'idea che nella fede ci sia un Lato Oscuro non è senza fondamento: la forza che ci viene dalla fede in Dio può essere usata male; così come i doni di Dio possono essere usati per il male). La saga di SW non è cristiana, ovviamente, ma sintonizza sulle giuste frequenze, se così posso dire. A patto di non pretendere di stabilire un'identificazione stretta tra la Forza e Dio —operazione indebita— niente contraddice il cristianesimo, se non un piccolo dettaglio: Yoda chiama "materia grezza" il corpo, idea orientale e platonica che il cristianesimo, religione "della carne", supera dando grande importanza al corpo accanto allo spirito.

     Lucas conosce molto bene il potere che hanno le immagini nel nostro contesto culturale. Egli stesso qualche tempo fa osservava: "I film e altre forme di intrattenimento visivo formano una parte molto importante nella nostra cultura e influenzano in modo estremamente potente il modo in cui la nostra società funziona. Anche se le persone nell'industria cinematografica non lo vogliono accettare esse sono parzialmente responsabili per il mondo di oggi. Nel bene e nel male, l'influenza che una volta aveva la chiesa per formare la società, oggi è sostituita dai film. Sono i film e la televisione a dirci come vivere, che cosa è giusto e che cosa è sbagliato".
     Non pensiamo, ovviamente, che Lucas intendesse dire che i film debbano prendere il posto delle fedi; sarebbe pura follia. Era una constatazione e non certo un auspicio, come più sotto è spiegato.

     Speriamo che la nuova serie delle Guerre stellari abbia una concezione di Dio ben diversa rispetto alla precedente.
     Ma né nella trilogia classica né in questa viene presentata alcuna "concezione di Dio": dove ha visto l'esimio critico questa concezione di "Dio"? Nessuno ne parla mai. C'è la concezione della Forza, il cui significato simbolico abbiamo ampiamente spiegato (è "la fede nel divino") e alcuni spunti per riflettere, ma non viene mai presentata alcuna concezione di Dio, di un Dio personale. La Forza non è Dio, men che meno lo è l'uomo. Non si parla di "religioni" in SW: la dottrina della Forza è indipendente dalle religioni anche nella finzione scenica di quell'universo! Non si deve pensare che nella galassia di SW quella sia "la" religione o "una" religione. Viene prima, è uno stadio precedente, una metafora dell'aprire il proprio cuore a qualcosa che è più grande di noi; è un grande atto di umiltà, altro che "strapotere dell'umanità" come detto da qualcuno. Altro che superomismo: è accettare di far parte del creato e sapere che c'è un'entità più grande; il cui vero volto è ancora celato, mi piace precisare. Questo atto culturale di umiltà è il primo scalino della fede.

     O forse manterrà la stessa concezione (come è molto probabile), tipica di tempi dove la divinizzazione dell'umano, che avviene attraverso la ricomposizione fra la materia e un generico spirito, ha preso dolcemente il sopravvento, e dove la grandi spiegazioni una volta affidate alla teologia, alla filosofia o la scienza, oggi sono di competenza dei grandi artigiani della fantascienza.
     Un po' qualunquistico: le grandi spiegazioni continuano a esserci, così come la letteratura, che offre altri punti di vista; nessuno ha seriamente considerato la saga una religione! Chi lo facesse avrebbe gravi deficienze culturali prima che religiose! Ora si è affiancato anche il medium cinematografico che può offrire a sua volta degli spunti per riflettere e soprattutto può raggiungere un considerevole numero di giovani (di "persone") che per varie ragioni hanno avuto meno possibilità di entrare in contatto con messaggi religiosi. Ecco allora che una epopea di fantasia (comunque non sci-fi, perché questa saga NON è da nessun punto di vista "fantascienza" come Star Trek, al contrario ha lo stesso DNA favolistico-religioso di Tolkien, e non si lasci ingannare dall'ambientazione retro-spaziale), può offrire degli spunti di riflessione sulla spiritualità, sulla FEDE; perché è di questo che parla la saga, NON DI DIO, MA DELLA FEDE, della "FEDE IN QUALCOSA". Ci dice solo: "abbiate fede in qualcosa, interrogatevi", punto, niente di più, perché non le compete in quanto semplice epos. Inoltre, mi creda, non c'è nessuna divinizzazione dell'umano, che resta sempre fallibile, soggetto a debolezze ed errori: Luke fallisce una prima volta per mancanza di fede nella Forza; e poi, nella svolta della storia, fallisce ancora -in modo tragico- per eccesso di fiducia in se stesso, cioè nelle sue sole forze umane, prima di aver sviluppato una compiuta fede nella Forza. Quindi vede, professore, che quando lei parla di strapotere dell'umano e divinizzazione dell'uomo nella saga di Star Wars fa uno sbaglio madronale, a testimonianza della disattenzione e della pigrizia con cui in Italia (e praticamente solo in Italia) si guarda a questa saga.
     Si fidi perché approfondisco l'argomento da anni e ho meditato molto a lungo, analizzando ogni aspetto con la massima cura. Quello che ho notato in lei più che una maldisposizione preconcetta verso Lucas è il non voler cercare il buono che c'è nella sua saga, perché ce n'è eccome. La liquida troppo velocemente come inutile per i cristiani: allora vogliamo forse gettare via Sofocle perché non c'è ombra di concezioni cristiane nella tragedia greca?
     Poco più avanti Bill Moyers, l'intervistatore, sosteneva che i giovani, da quando la religione non occupa più il posto centrale nella nostra cultura, si orientano verso il cinema alla ricerca di ispirazione; e Lucas rispondeva che si augurava che questo non fosse vero, perché ci deve assolutamente essere ancora posto per le religioni organizzate: "non vorrei mai scoprire di vivere in un mondo secolarizzato nel quale l'intrattenimento viene scambiato per un'esperienza religiosa". Quindi vede che Lucas non pensa affatto quello che lei gli attribuiva. Ma che fatica sforzarsi di interpretare l'autentico pensiero altrui! Più comodo pescare qualche parola e improvvisare.
     Personalmente mi sarebbe piaciuto molto sentir dire a Lucas che ha una profonda fede cristiana; ma quello che lui pensa a me importa poco. M'importa piuttosto che abbia creato una saga in cui vengono veicolati insegnamenti molto profondi, uno su tutti il sacrificio. Come alla conclusione della parabola della trilogia di vent'anni fa, col sacrificio di un figlio per salvare il padre dalla perdizione e il sacrificio di un padre che riscopre l'amore filiale e si riscatta. Non mi pare certo una cosa da poco, non certo il genere di cose che si trovano in tutti i film, certo non in quelli pieni di effetti speciali e basta. Lucas ha realizzato il massimo successo in assoluto... senza la benché minima traccia di sesso o violenza. Pensiamoci. È un bel segnale, che ci dice che sono ancora in molti a sentire il fascino delle narrazioni benigne e "luminose" alla Tolkien, e a non farsi irretire dai troppi cantori della degradazione (post)moderna, che celebrano l'Anticristo in tutte le forme possibili.
     Ciò che Lucas ha creato è un mito dal valore simbolico di "propedeutica universale alla religiosità", questa è la definizione cui sono giunto dopo aver raccolto materiale sufficiente per una tesi. La dottrina spirituale presentata nell'insegnamento sulla Forza non è una religione, neppure nella finzione scenica del mondo creato da Lucas. Figuriamoci nella realtà! Della religione non ha i caratteri sostanziali. Non è certo sufficiente una visione religiosa del mondo per parlare di religione. Serve un fondamento storico (SW è fantasia, come dimenticarlo?), una tradizione, spesso una Rivelazione, un dettagliato sistema di spiegazioni del mondo, un'etica che si appoggi su tutto questo, e soprattutto una valenza veramente salvifica. Star Wars non ci "salva", ci spinge solo a riflettere. Sofocle ci lascia il cuore pieno di angoscia disperata, SW di un calore benigno sublime.
     Insomma, a chiunque sia dotato di un minimo di buon senso appare evidente che Star Wars non è fatto per sostituirsi alle religioni. Chi ha ponderato seriamente quest'idea è, come ho detto, una persona con seri problemi culturali ancor prima che religiosi. E d'altra parte è un tradimento dello spirito stesso della concezione della Forza: è dimenticare che essa, nella finzione scenica del mondo di SW, è indipendente dalle varie religioni della galassia. Obi-Wan non pensa affatto che la Forza sia una religione; né lo pensa Lucas. Perché mai dovrebbe pensarlo qualcuno di noi, che abbiamo occasione di valutare il messaggio delle religioni vere facendo i debiti confronti? Non allarmiamoci, nessuno è così sprovveduto!
     Star Wars è sì un'opera religiosa, ma nella misura in cui lo sono tutti i miti; forse lo è soltanto un po' più della media… In effetti la saga offre molto, nei suoi limiti, ed è emblematico che in un'età di crisi delle fedi alcuni abbiano pensato di aggrapparvisi; non stupisce poi molto. Non mi rallegra ma non mi stupisce affatto. E comunque credere nei valori benigni e luminosi dei cavalieri Jedi e nell'afflato universale della Forza è sempre infinitamente meglio che seguire idoli satanisti. Ma resta qualcosa di troppo povero rispetto alle vere religioni, in particolare rispetto a quelle monoteistiche. Non obblighiamo questa pregevole saga a umiliarsi dinanzi alle vere religioni, uscendo "sconfitta" da un confronto assurdo nel quale non dovrebbe neppure essere trascinata! Star Wars non deve essere il punto di arrivo di una ricerca religiosa, ma solo uno spunto per gli agnostici e un gioco simbolico per chi crede.
     In Episodio I il piccolo Anakin Skywalker non ha padre, perché è stato concepito in maniera soprannaturale dalla Forza. Troppo facile scandalizzarsi e tacciare Lucas di blasfemia, visto che questo presunto Messia è destinato, come sappiamo già, a tramutarsi piuttosto in un Anticristo. La madre va forse avvicinata a Maria? Anakin a Gesù? Assolutamente no, perché l'idea stessa che possa essere un messia è priva di senso nella saga, visto che non c'è alcuna valenza salvifica, non siamo sul piano della religione (a differenza di Matrix, che fa un'esplicita caricatura del concetto messianico). Ma la Chiesa messicana, mossa dalla solita miopia culturale nei confronti di SW, dalla solita pigrizia che impedisce di approfondire e capire, si è fermata alle apparenze più grossolane e ha condannato il film come blasfemo. Si tratta di un "autogol" culturale, che tradisce gli orizzonti limitati di chi ha sentenziato questa sciocchezza.
     Lucas aveva spiegato subito quali erano le sue intenzioni, aveva messo le mani avanti chiarendo che il suo scopo era creare un mito dal sapore antico, imparentato non certo con i Vangeli ma con il patrimonio mitologico greco e quello di altre culture: anche in Cina, India, Messico sono molti gli esempi di eroi nati per partenogenesi. In ambito classico potremmo citare Efesto, nato dalla sola Era secondo certe versioni del mito; oppure gli episodi di Leda e il cigno, di Persefone e il serpente. Spostandoci di poco a oriente troviamo il dio Mitra, oggetto di un culto misterico che serpeggiava nel mondo greco romano, nato anch'egli da una vergine. Inoltre, forti sono i rimandi al nordico Wotan disseminati da Lucas nella sua opera. La saga di Anakin Skywalker per come apparirà alla fine, nel 2005, nei sei episodi complessivi, sarà la parabola di una "creatura speciale", un eroe mitico dotato di doni eccezionali che compie grandi imprese, dà sfogo alla superbia, sceglie la via rapida e facile, si danna, muore... ma trova nella scelta del male le risorse per sopravvivere, compie a lungo imprese nefaste e alla fine, grazie allo spirito di sacrificio dei figli di cui non conosceva l'esistenza, giunge al riscatto finale (nel sesto "canto", Il Ritorno dello Jedi), il ritorno-in-sé, il riaprire gli occhi alla verità, con un sacrificio estremo che coincide con la ribellione al Signore del Male cosmico (una vittoria sul Male eticamente strutturata con più efficacia e ricchezza di quella di Tolkien). Non mi pare una cosa da poco, chiedo a lei di indicarmi un'epopea che abbia raccontato tutto questo così bene, perché davvero vorrei leggerla.
     Mi dispiace di essermi dilungato, ma è un argomento che richiede tempo per essere approfondito: è una saga abbastanza complessa da meritare di essere studiata e quello che si dice si solito (specie in Italia) sfiora solo la proverbiale punta dell'iceberg. In questi casi la sintesi non è la strada giusta per arrivare alla verità. Le cose vere non sono mai semplici.


     In realtà è un altro l'aspetto della patina religiosa di Star Wars a doverci preoccupare quando trascende i limiti del lecito: non il fatto che alcuni possano considerare il contenuto di Star Wars (la Forza, i Jedi, ecc.) come una religione, ma l'attaccamento di tipo religioso di molti fan all'opera stessa, vissuta come esperienza di tipo religioso. Dopotutto, "it's only a movie!".






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